Pagina:Deledda - Nell'azzurro, Milano, Trevisini, 1929.djvu/149

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la casa paterna 145


Più in qua, sedute a gambe in croce, due bambine dalle vestine bianche, dalle vestine azzurre fanno la toeletta ad una bambola più grande di loro, e intanto sorridono per la disputa di due studenti mormorando sottovoce:

— I figli di Carlomagno erano tredici!

Anche la vasta camera nuziale dei miei genitori è deserta, oscura, spoglia...

L’ampio letto di ferro, così ricco, così elegante, dalle seriche coperte ricamate, dalle nivee lenzuola ricamate, dai cuscini ricamati... tutto è sparito. Sparita la toilètte d’ebano intarsiata a legno bianco, spariti i cassettoni davanti ai quali, rimettendo la biancheria pulita, profumata da foglie odorose sparsevi sopra, la mamma s’occupava più a lungo e più profondamente che non davanti alla prima; sparito il divano dalla spalliera alta; lo specchio dalla ricca cornice, davanti al quale mi trattenevo spesso a lungo, contemplando, nella mia innocente vanità di bimba, non il viso, ma il vestito, davanti, dietro, sui fianchi, sulle spalle... sino al giorno in cui fui sorpresa da mia madre, che mi disse seriamente:

— Jole, non va bene guardarsi a lungo nello specchio... Basta uno sguardo...

Non andava bene! La mamma me lo disse con tanta serietà che m’impensierì.