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156 nell'azzurro


cammino. Le sue scarpe si consumarono, il sole arse la sua chioma e la sua pelle, e Assan si sedette sulla sabbia, assetato e morente, ma una goccia di rugiada apparve su un fiorellino bianco a lui vicino: egli la bevette, raccolse il fiorellino, lo ripose sul suo seno e si rianimò; una voce gli disse: avanti: ed egli riprese la via con gli occhi fissi allo splendido miraggio che tremolava sul confine del cielo d’oro e di smeraldo.

Cammina, cammina: il vento del deserto gli fischiava nelle orecchie, gli bruciava le carni: la sabbia ardente come cenere calda lo accecava, il sole metteva una febbre di fuoco nel suo sangue e gli sterpi e le spine e le serpi gli dilaniarono i piedi e le mani. — Più d’una volta Assan si buttò sulla sabbia credendo di morire, affranto e disperato, tentato di retrocedere — come gli gridavano cento voci malefiche, ch’erano i fischi di cento serpi, — pentito di aver intrapreso quella via fatale verso una meta che gli pareva impossibile raggiungere; ma più di una volta una rosa spuntò fra le spine, ed egli la ripose nel suo seno e si rianimò. Più di una volta una voce buona gli disse: Avanti! Avanti! Guarda e passa; ed egli si rialzò e riprese la via verso il miraggio che tremolava sul confine del cielo d’oro e di smeraldo.

E Assan arrivò!