Pagina:Deledda - Nell'azzurro, Milano, Trevisini, 1929.djvu/79

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sulla montagna 75


dalla procella furiosa dell’inverno al sole di fuoco dell’estate.

Ciò che ci colpisce vivamente all’entrata del bosco è l’inebriante profumo che prima ci veniva leggero con la brezza: è un profumo forte, quasi acre, come di fieno o di polvere bagnata. Certi sbuffi paiono di sigaro, di caffè versato sul fuoco, di vernice umida: certi altri sono invece dolcissimi, come d’incenso e di mirra bruciati.

Come sono belli e pittoreschi i grandi alberi dai tronchi nodosi incavati, ricoperti di muschio, dalle chiome che, riunendosi, formano una vôlta mobile con tante gradazioni ondeggianti, dal verde giallo al verde rossastro, dal verde chiaro quasi bianco al verde scuro quasi nero! Tra le foglie dal dorso e dalle venature grigiastre, che cambiano di tono ad ogni scossa di vento, scendono grandi rami d’ellera con le foglie eleganti di un verde molle e dorato, e da esse grosse gocciole d’acqua che scavano piccole fosse dove cadono.

Ora i grandi massi di granito sono rivestiti da un mantello di muschio e le felci sono verdi, e un ruscello passa fra i giunchi, serpeggiante, come una trina di meandri verdognoli; ora il terreno è coperto da alte erbe e da radici muscose di alberi. L’orizzonte è tutto là, rinchiuso dal bosco, ove la luce piove dall’alto, come una penombra bianca, e le