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Pagina:Deledda - Nostalgie.djvu/139

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Finito di scrivere, ella piegò e chiuse la lettera in fretta in fretta, senza rileggerla. Aveva di nuovo paura. Ma poi pensò: poteva esserle sfuggito qualche errore, qualche particella che potesse cambiare tutto il senso di una frase. Staccò il lembo ancora umido della busta, rilesse, con disgusto e con paura, e non corresse niente, non aggiunse niente; ma provò una tristezza ancora più intensa. Ah, come era fredda e scritta male quella lettera! Era lunga, troppo lunga, eppure niente di quanto le fremeva nel cuore era passato su quei foglietti inanimati!

— Ed io penso di scrivere un romanzo, un dramma! Ma se non sono capace di scrivere neppure una lettera! Ma egli capirà ugualmente — pensò poi, richiudendo la busta; — sono certa che capirà. E dove la metterò? Dio mio, se egli, per esempio, la trovasse prima della mia partenza! Che accadrebbe? Forse riderebbe; mentre trovandola dopo... forse piangerà. Ah, ecco, la metterò, prima di uscire, sul suo tavolino. E se per un caso qualunque egli tornasse indietro?

Con questi ed altri piccoli pensieri e con un cumulo di piccoli quesiti, cercò di scacciare la tristezza e l’inquietudine che l’agitavano.

Cominciò a far la valigia: doveva partire l’indomani mattina col diretto delle nove e non aveva ancora preparato niente. Tutto il lungo pomeriggio era passato mentre ella scriveva.

— Che farà egli, dopo? — s’ostinava a pensare. — Terrà poi l’appartamento? E la serva? Mi tradirà? No, non mi tradirà; ne sono sicura. Io dico che tornerà a vivere presso la madre e i fratelli. Purchè non lo sobillino poi contro di me. Forse affitterà quest’appartamentino, mo-