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Il maschio, intanto, penetrò a suo agio nel recinto del bestiame; ma lasciò in pace le pecore che dormivano, ancora tutte gonfie della spuma calda del loro vello, e col muso cercò i porcellini di una scrofa tardiva accovacciata con essi in un angolo dello stabbio. La madre tentò di difenderli: ma il volpone le sbattè sugli occhi la polvere fangosa della quale si era già imbevuta la coda, e la bestia ricadde accecata. Allora il nemico prese i porcellini, affondò nelle loro gole le spine d’acciaio dei suoi denti, e uno dopo l’altro ne portò via cinque, trascinandoli al ciglio del prato, e poi giù giù fino al covo delle roccie.

E lì, senz’altro, cominciò il banchetto, finché giunse anelante la compagna che divorò un intero porcellino, sgusciandolo dalla pelle ancora tenera, come un frutto dalla buccia.

Deledda, Sole d’estate 7