Pagina:Deledda - Sole d'estate, 1933.djvu/79

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nardo: avrebbe anzi preferito un tempo invernale, con la neve che conserva le impronte delle bestie randagie; e l’ombra che, se nasconde il nemico, nasconde anche l’inseguitore: e nell’ombra egli cercava di camminare, rasentando i tronchi scavati da nicchie scure dentro ognuna delle quali pareva si celasse lo spirito di un eremita, o anche il suo corpo santo, poiché ne veniva fuori un misterioso profumo di solitudine e di purezza: ad ogni rumore che avesse un’eco di passaggio umano egli si buttava a terra, dietro i cespugli, e i suoi occhi luccicavano come quelli dei cani in agguato. Poi riprendeva disilluso a camminare, pronunziando entro di sé parole di scongiuro e di maledizione. Gli rispondevano, sbeffeggiandolo, i fischi delle gazze, sopra le capanne deserte dei cacciatori, intorno alle quali cresceva alta l’erba che egli scrutava quasi filo per filo.

Nessuno. Eppure egli non disperava ancora; anzi pareva si attardasse nelle sue vane ricerche per scrupolo verso sé stesso, o forse anche per gustare poi meglio la vittoria finale. Poiché sentiva bene, e lo sapeva inoltre per indizî altrui, che il punto buono per la sua caccia era più in alto, più lontano. Ed ecco che egli arriva finalmente al minuscolo pianoro che forma come