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inteso al modesto officio di copiare gli originali senza intenderli, e però sconciandoli; ed anche in Italia invalse il reo uso massime dopo le restaurazioni: cominciò allora la mania di far tutto all’usanza de’ nostri vicini. La quale mania portò all’arte dell’orafo danno gravissimo; perocchè fu grande in Italia lo spaccio de’ nuovi giuocherelli francesi di dorato o d’oro stampati già da gente di mestiere, il che fece pervertire il gusto e venir vaghezza di sostituire l’apparenza al reale, il manierato al semplice, gli accessorii al principale, la stranezza al bello. Allora l’arte dell’orafo ebbe l’ultimo colpo di grazia, se pure le abbisognava, essendo forzata di volger le spalle al buon senso per servire il senso comune, adattandosi gli artisti ai nuovi capricci se non volevano chiuder bottega; perchè la concorrenza della merce forestiera, cui la classe popolare favorì strabiliando per la tenue spesa, pel bagliore di oggetti ne’ quali il pulzone fa le veci del cesello, la bizzaria surroga la bontà del disegno, ebbe sedotto i compratori.


IX.


Non fa al mio scopo l’indagare le cause per che l’orificeria italiana oggi subisca un certo come dire ritiramento ai principii, riforbendosi e progredendo a lato delle arti belle; tanto più che trattai di questo argomento abbastanza diffusamente in un opuscolo apposta. V. Dell’orificeria antica, Firenze, Le Monnier, 1862. Solamente osservo che se ella ri-