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bili e fondatrici de’ Comuni e in ogni città della penisola furono l’anima delle repubbliche. Alle quali succedendo burrasche e sfaceli, tutti i consorzi furono avvinti al carro governativo, e così smarrita l’indipendenza si sdimenticarono della loro origine che era l’arte e il soccorso fraterno, divenendo congreghe religiose intese a salmeggiare e far processioni col viso incappucciato. Sotto questo aspetto le corporazioni d’arti in Roma non sono mai morte, ma vivono ancora, avente ognuna la propria chiesa.


X.


In quasi tutti i paesi d’Europa gli orefici e gli argentieri dipendevano allora dai capi eletti da queste assemblee, i quali per l’utilità e la buona fama dell’arte che esercitavano, dovevano vigilare attentamente affinchè nessuno sedotto dall’avidità del guadagno attenuasse la bontà del metallo: tanto il popolo, che ne deve essere il giudice naturale e interessato, era ignorante di questa materia. Da questa derivò per tacito e comune consenso la facoltà che si attribuiscono di apporre un marchio sugli oggetti preziosi, come per malleveria del titolo legale. Tale marchio era volontario, non già obligatorio e vessatorio per l’orefice. In Francia si applicavano i marchi nella casa che chiamavasi degli orefici, e le guardie dell’orificeria che erano specie di delegati eletti dagli orefici sodali, sopraintendevano fedelmente ed efficacemente per mantenere negli artefici la probità