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ZOSIMO, DELLA NUOVA ISTORIA, LIB. QUINTO 237

ordinamento dei loro governatori tenendolo per non iscritta legge. Rufino dunque, accumulate unitamente al collega immense facultadi, già sognava farsi via infino all’impero, unendo al principe in matrimonio sua figlia nubile, come opportuno mezzo di conseguire l’intento. Si vale imperò con segretezza di gente al servigio della corte onde proferiscanne parola ad Arcadio: se non che, mentr’egli supponea occultissimo il suo divisamento, la fama avea propagato anche tra la plebe siffatti maneggi, argomentando ognuno dalla stessa crescente di lui superbia, e dalla tracotanza di giorno in giorno appalesantesi maggiore, i concepiti suoi disegni, e quindi vie meglio era il bersaglio d’un generale sdegno. Egli poi, quasi volendo a bello studio con più gravi scelleraggini occultare i minori delitti, ebbe ricorso alla seguente fellonia.

Fiorenzo, prefetto del pretorio appo le genti di là dalle Alpi quando il gran Giuliano fregiavasi della cesarea dignità, avea un figlio nomato Luciano, il quale erasi privo delle sue campagne di assai valore ad ottenere con tal dono il patrocinio di Rufino; laonde questi mai sempre dichiaravasi grato verso del giovane, e con lode parlandone all’imperatore Arcadio gli procacciò l’onoranza di conte dell’Oriente, magistratura che al suo possessore conferiva autorità sopra tutti gli amministratori di quelle provincie, potendone correggere il male operato. Ora Luciano mostrandosi ai subalterni ricco d’ogni virtù degna d’un presidente, per la sua giustizia, temperanza e tutte le altre doti atte ad illustrare un magistrato, riscuotea celebrità