Pagina:Della Nuova Istoria.djvu/432

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versato egli avea su di lei i benefizj, e con ampliare allora appunto il suo senato, e con soccorrerla di biade del privato suo patrimonio, onde rimediare al caro della vettovaglia di che ella pativa. L’ingrata città, più corrotta che Sibari, più ciarliera e beffarda che Atene, iva di ogni suo male il principe incolpando, e nauseata della severa virtù e de’ semplici costumi di lui, nelle pubbliche vie e ne’ mercati faceva meta di sediziosi clamori il suo governo e la sua religione, e segno a plebee risa e sarcasmi la rozza ed incolta persona sua, l’irto crine e negletto, il non liscialo suo volto, ma più che altra cosa quel si caro a Giuliano niosofico onore del mento. Che cosa farà egli? brandirà la spada della giustizia per trarre vendetta di privata sua offesa? non la impugna il generoso alla vista dell’inerme debolezza. Filosofo in vece, dispregerà il cicalio. della moltitudine, c qualche cosa pur concedendo al privato suo risentimento, opporrà scherni a scherni, moteggi a moteggi, e con ironica pittura che in lui la virtù rappresenti qual colpa, e quali virtù i vizj e le brutture de’ suoi schernitori, li coprirà di vitupero, c piglierà d’essi vendetta non già propria di volgar principe, ma di lepido e festivo scrittore. Questo è ciò che imprende a fare Giuliano nel Misopogono scrittura, noi sapremmo abbastanza ripetere, d’inestimabile pregio se la si consideri in un principe che nella stessa sua ira getta da sè lungi la spada, per non armarsi che della penna, ma lodevole eziandio per sè medesima. E veramente qual soggetto più arido può egli proporsi ad un autore, quanto l’odio che un popolo nutre verso la barba?