Vai al contenuto

Pagina:Della Porta - Le commedie I.djvu/329

Da Wikisource.

atto primo 319


Lardone. Eh, tu mi drizzi al boia! Cappio, non vorrei ch’un altro cappio mi strangolasse.

Cappio. Staremo sempre in festa e gioia.

Lardone. Ed io balzato in una galea.

Cappio. Qui non ci è pericolo manco d’un filo.

Lardone. Ma d’una corda. E giá mi sento prurire il collo: come la calamita tira il ferro, cosí par che la forca mi tiri il collo molte miglia. Cappio, tu cerchi la mia rovina.

Cappio. Anzi tu stesso cerchi la tua rovina: hai la ventura innanzi e non la conosci.

Lardone. Nol farò mai.

Cappio. Per che ragione?

Lardone. Perché scoprendosi sarò appiccato.

Cappio. Questa tua ragione è senza ragione, perché non basta a scoprirsi mai. L’inganno è tanto riuscibile che se pur si scoprisse, avemo molti modi di scolparti. Lardone, tu sai ch’io e tu ci conosciamo insieme, e tu non ti puoi nascondere dietro questo dito. Sai bene quante volte avemo mangiato e bevuto insieme a spese de’ perdenti; tu sei un forfante, e le forfantarie l’ho imparate da te; se faremo questione, scoprirò bene che sei un forfante de ventiquattro carati. Tu sai i patti nostri: aiutarci l’un l’altro, ché cosí aremo i corpi pieni di buoni bocconi e le borse di contanti. Queste occasioni non accadono sempre: passano, e ci pentiremo. Quello è proprio sciagurato che si fa scappar di mano queste straordinarie venture: non mancare a te stesso. Di’ sí e poi lascia fare a me, che ne restarai ben contento e pagato.

Lardone. S’io dico sí, non farai tu, ma il boia, e tu vedrai.

Cappio. Finiamola! In Surrento una vitella ha partorito una vitelluccia, e son due madri a lattarla.

Lardone. A queste figlianze diverrei compare io volentieri. Ma mentre ho denti da rodere piccioni e polli, e gola da tracannar vini brillanti, e stomaco da riempir di pastoni, io mi vuo’ porre ad ogni periglio: meglio è che il boia mi stringa una volta la gola che la fame mi strangoli mille volte il giorno, e di gir nudo e crudo. Vuo’ far quanto vuoi.