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atto secondo | 33 |
Gulone. Cacasangue! Se mi ci coglie, mi facci il peggio che sa. Rompermi la testa, darmi cinquanta bastonate, cavarmi un occhio e sfreggiarmi la faccia, son cose ch’all’ultimo si ponno sopportare. Ma quel star a trippa vacua e senza mangiare, son cose insopportabili.
Trinca. ... Ha ordinato a Mazzafrusto e a Sgraffagnino che stieno alla posta, che subito entrato in casa ti attacchino bene.
Gulone. Se mi lascio prendere da Mazzafrusto che mi frusti e ammazzi, e da Sgraffagnino che mi sgraffigni! a dio, a dio.
Trinca. Ascolta una parola...
Gulone. Non ascolto parole.
Trinca. ...che importa molto.
Gulone. Che cosa?
Trinca. Vieni, che il padrone ti aspetta a tavola con un piatto di maccheroni straordinariamente grossi, che appena ti capiranno nella bocca.
Gulone. Le tue parole m’hanno sconcio lo stomaco di sorte, che, se non vado a ristorarmelo altrove, non sará ben di me oggi.
Trinca. Oh, come scampa il poltrone! giá li par aver Mazzafrusto e Sgraffagnino alle spalle, che lo menino alla dieta. Il medesimo farò col capitano: porrò tanta zizania fra costoro, che li condurrò che venghino alle mani e si rompino le teste. Andrò al padron giovane a dirli quanto si è oprato in suo serviggio.
SCENA IV.
Balia, Erotico, Pardo.
Balia. Sulpizia smania e non trova luogo per la gelosia di Cleria; mi manda se può saper da Erotico alcuna cosa di nuovo.
Erotico. O balia, di’ a Sulpizia mia, che trattiamo or cosa onde spero che sarem nostri.
Balia. Parlatemi, di grazia, piú particolarmente, e liberatela da tal passione.