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174 la cintia


Cintia. Dove volete voi che sia? piú presso che voi non vi pensate: quanto voi sète lontano da me.

Erasto. Che ne sai tu?

Cintia. Niun lo sa meglio di me.

Erasto. Non è peggior sordo che quello che non vuole intendere. Parlami un poco piú chiaro, rispondimi a proposito: chi è quella che m’hai fatta sposare?

Cintia. Dimandatelo a voi stesso che l’avete avuta in braccio tante volte: niuno sa meglio di voi che la conoscete come me.

Erasto. Non la potei mai veder bene perché eravamo all’oscuro o con un lumicino: cosí accordato fra voi per ingannarmi, come m’avete giá ingannato. Ma io vorrei che, imparando il mio linguaggio, mi dicessi chiaro chi fu quella.

Cintia. Perché sète ingrato sopra tutti gl’ingrati e cieco sopra tutti i ciechi, anzi indegno che mai piú donna v’ami, ancorch’ella non vel dica chi sia, tutto il mondo parla per lei: ve lo dicono gli occhi suoi, il volto, la sua bocca e l’anima e il sangue dell’anima sua, la qual, trafitta dalle vostre ingiuriose parole piú assai che da un acutissimo coltello, vi manda il sangue fuori. Non vedete le lacrime sue? che son altro le lacrime che il sangue dell’anima? E se pur sète tanto cieco e sordo che non volete udirla né vederla, ve lo dirá all’ultimo la sua morte che sará tra poco; anzi uccisa dalle vostre mani, morta l’abbracciarete e la basciarete. Ma voi che sète di cosí bel giudicio, di cosí raro intelletto e discortese cosí altamente, come non ve ne accorgete?

Erasto. Io non sento da te se non parole mascherate. Ma lasciamo questa ingiuria e tocchiamone un’altra maggiore. Dimmi, come sei infellonito cosí contro di me che, praticando in casa mia cosí alla libera, mentre ch’io giaceva con quella... che non so come nominarla, in casa tua, tu venivi in mia casa a far violenza a mia sorella?

Cintia. Ti giuro su la mia fede che non solamente non ho ciò fatto, ma né meno mi passò per il pensiero giamai!

Erasto. Che fede fede? che fede hai o avesti tu mai? La tua fede ti serve per ingannare chi ha fede nella tua fede.