Pagina:Della Porta - Le commedie II.djvu/305

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atto quinto 293

è debito di ragione che amiate ancora la lor madre, la qual vi priega che lasciate il furor e l’armi e ascoltiate quello che son per dirvi.

Don Ignazio. Io non lasciarò la mia spada s’egli prima non lascia la sua.

Don Flaminio. E s’egli prima non lascia la sua io non lasciarò la mia.

Polisena. Io sto in mezzo ad ambidoi, e l’uno non può ferir l’altro se non ferisce prima me, e la spada passando per lo mio corpo facci strada all’altrui sangue. Ma a chi prima di voi mi volgerò, carissimi miei generi, carissimi miei figliuoli? Mi volgerò a voi primo, don Ignazio: voi prima mi chiedesti amorevolmente la mia figliola per isposa. Se non è in tutto in voi spenta la memoria dell’amor suo, s’ella vi fu mai cara, mostratelo in questo: che siate il primo a lasciar l’armi. Com’io posso stringervi la destra, se sta nella spada? come posso abbracciarvi, se spirate per tutto odio e veleno?

Don Ignazio. Non mi comandar questo, cara madre; ché costui, solito a far tradimenti, veggendomi disarmato, che non mi tradisca di nuovo.

Don Flaminio. Tien mano alla lingua se vòi ch’io tenghi le mani all’armi.

Polisena. Ed è possibile che possa tanto la rabbia in voi che pur sète stati in un istesso ventre? rabbia piú convenevole a’ barbari che a’ vostri pari?

Don Ignazio. Noi non siamo piú fratelli ma crudelissimi nemici. Sono rotte le leggi fra noi della natura e del convenevole: un fratello che offende non è differente dal nemico.

Polisena. Non fate vostre le colpe che son della fortuna. Questa sola ha peccato nell’opere vostre, questa sola ha conspirato ne’ vostri danni: l’un fratello vuol uccider l’altro fratello! Cercáti una vittoria nella quale è meglio restar vinto che vincere. Per acquistar una moglie perdernosi duo mariti: volete che le vostre spose siano prima vedove che spose? volete che coloro, ch’eran venuti per onorar le vostre nozze, onorino le vostre esequie?