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234 DELLA CONDIZIONE GIURIDICA

segno e base di quella morale corrispondente, dagli esempi storici, e dalla utilità morale di una maggior coltura del femminile ingegno. E a buon diritto la meravigliosa fanciulla, che doveva scrivere i due volumi delle Istituzioni analitiche, e diventare la più celebre fra le dotte italiane, sclamava in quel discorso: non adeo impervius est ad sapientiam accessus, ut foeminis etiam patere non liceat, neque in eo posita est doctrina fastigio, in quod eniti non valeat sexus infirmior. Non è a meravigliare del resto che nel secolo delle due Borghini, e di tante altre illustri donne italiane, e a poco distanza di tempo dalla Piscopia Cornaro, e dalla Molza, la causa degli studi delle donne sia stata anche da donne propugnata; piuttosto è da meravigliare che di fronte a tanti e non interrotti esempi, e dopo il tanto discorrere e scrivere intorno ai diritti delle donne nei due precedenti secoli, la quistione abbia ancor dovuto essere proposta e discussa, come nuova, e peggio ancora, come singolare ed ardita.

Il vero si è che in quasi tutto il secolo decimottavo, come nei secoli precedenti, la quistione degli studi delle donne venne di tanto in tanto sollevata in Italia piuttosto da uomini invidiosi delle glorie letterarie femminili, che da sinceri amatori del femminile decoro e del sociale progresso. Questi ultimi non entravano in lizza che per ridurre i primi al silenzio, e in questa guisa bilanciandosi i due partiti, il vero impulso al fare e al progredire le donne italiane non ricevevano che da se medesime, ed esse sole fornivano in sostanza i migliori argomenti agli stessi loro campioni.

Un'altra circostanza, importantissima per chi studia la storia della quistione femminile in Italia fino al secolo presente, è la parzialità dominante negli scrittori, a favore di una sola

    anco rodate comparire in nessuna lingua istituzioni di analisi, che possano condurre così presto, e così lontano, quelli che vorranno penetrare nelle scienze analitiche» (Mazzuchelli, Gli scrittori d'Italia, vol. I, parte I, p. 200).