Pagina:Della consolazione della filosofia.djvu/134

Da Wikisource.
134

     Nasce, tuffi nel mar tardo le rote:
     Perchè le corna della luna piena,
     Dal sommo tocche della notte ombrosa,
     Divengan scure; ond’ella, di serena,
     10Pallida fatta, ogni stella, ch’ascosa
     Giacea, per lei raccende e rasserena:
Perchè commosse dal pubblico errore
     L’umane ignare genti,
     Darle credendo al maggior uopo aíta,
     15Diverse cemmamelle in varii accenti
     Battendo, alzano al ciel meste il romore,
     Fin che lucente torni e colorita.
     Ma nïun già, perchè al soffiar de’ venti
     Percuotan l’onde i lidi, ha meraviglia;
     20Nïun, perchè la neve a’ raggi ardenti
     Si strugga, seco o con altrui consiglia,
     Sendo in ciò le cagion tanto apparenti.
Le cose che di rado
     Produce il cielo, o repente si fanno,
     25Stupore al volgo indotto e mobil dánno;
     Ma, se parte l’error dell’ignoranza,
     Dar meraviglia altrui nulla ha possanza.


PROSA SESTA.

Così sta, dissi io; ma, posciachè all’uffizio tuo s’appartiene di svolgere e narrare le cagioni delle cose nascose, e spiegare le ragioni dalla caligine turate e ricoperte, priegoti che da qui innanzi le mi determini; e, perchè questo miracolo più mi conturba che l’altre cose tutte quante, vorrei ch’alquanto ne disputassi. Allora ella, un pochetto sorridendo: Tu mi chiami, disse, a una cosa, la quale è la maggiore che si possa cercare, e di cui mai non si può tanto risolvere, che sia a bastanza; perciocchè que-