Pagina:Della fortuna di Dante nel secolo XVI Barbi, 1890.djvu/17

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aftaticarono a purgare l’opera del grande poeta dai guasti fatti al testo da ignoranti ammanuensi nel corso di quasi due secoli e a dichiararne la molteplice dottrina e spiegare i sottili concetti, che tanto più difficili si facevano, quanto più ci si allentava dall’età di Dante. Né si limitò la fama di questo grande all’Italia; ma varcò le Alpi, e con edizioni e traduzioni della Commedia fu iniziato quel lavoro, per cui il poeta italiano è fatto cittadino di tutte le civili nazioni. Questa gloria non fu però senza contrasti. La eccessiva afifezìone di alcuni, avendo per innalzar Dante (e i confronti son sempre odiosi) abbassato altri nobili poeti, fece sorgere contro di lui molte accuse: il restauratore stesso della volgare letteratura; il Bembo, lo ebbe in disdegno, e, preso dalla bella veste esteriore del Canzoniere, gli preferi il Petrarca; i seguaci esagerarono e passarono apertamente al biasimo dell’uno, all’idolatria dell’altro. Del Canzoniere ^déì Petrarca centosessantasette edizioni si ebbero nel cinquecento, stragrande fu il numero dei commentatori e degli imitatori, essendosi all’autorità, del consiglio del Bembo aggiunte le condizioni della cultura e l’indirizzo della vita pubblica e privata del secolo si bene rispondenti alla natura della poesia petrarchesca (^). Pure nel valutare la fama del Petrarca nel cinquecento di fronte a quella di Dante si è un poco in studi recenti esagerato in favore del primo, o almeno si sono trascurate non poche testimonianze della maggiore stima, (’) Vedi II Petrarca nel cinquecento del Prof Arturo Graf nel suo Attraverso il cinquecento (Torino, Loescher, 1888).