Pagina:Della fortuna di Dante nel secolo XVI Barbi, 1890.djvu/22

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— 8 — chirla di nobili e alti concetti e a onorarla di begli e leggiadri modi di dire „ {^); e fu in essa di tal virtù, da’ parere allo Speroni qhe Dante • onorasse )a, nostra lingua col suo poema non men ^che Omero la greca e la latina Virgilio (2). Onde Pietro da Fino, nella dedica della sua edizione della Commedia col commento di Bernardino Daniello, poteva chiamar l’Alighieri "principal lume della lingua volgare „, e il Sansovino, nella lettera dedicatoria del suo Dante, dirlo parimente " il maggior lume della lingua toscana „. Per tutte queste virtù è naturale che Dante paia ai cinquecentisti cosi eccellente da non potersi tanto ragionare di lui che molto più non avanzi a chi toglie r impresa di raccontar sue lodi. E di tale opinione è difatti il Sansovino p); d’accordo in ciò col Borghini, per cui il gran poeta non si può " lodare mai tanto, che egli non meriti molto di più „ (^), e con Michelangelo, che di lui scrive in principio d’un suo sonetto: Quanto dirne si dee non si può dire, Che troppo agli orbi il suo splendor s’accese. Né mancò chi sull’altare di Dante sacrificasse, a maggior gloria della sua divinità, tutti gli altri poeti volgari ed i maggiori anche dei greci e dei latini; tanto (1) Letture 1.21 — Cfr. Annotazioni e Discorsi sopra alcuni luoghi del Dccamerone; Firenze, Le Monnier, 1857; p. 128. (*) Speroni, Opere; Venezia, Occhi, 1740; V, 320. C) Giunta ai «Fiorentini eccellenti in eloquenza» del proemio al Commento del Landino nelle edizioni dei fratelli Sessa. (*) Prose fiorentine, IV, IV, 180.