Pagina:Della fortuna di Dante nel secolo XVI Barbi, 1890.djvu/33

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— 19 — V. Ma non tutta la vita letteraria del cinquecento si svolge nelle corti, né la lingua volgare è coltivata e criticamente studiata unicamente nell’Italia superiore, né tutti i settentrionali giudicavano con la testa di monsignor Bembo. Egli stesso confessava che quantunque infinita fosse la moltitudine di quelli, da’ quali molto più era lodato il Petrarca, nondimeno non erano pochi quegli altri^ a’ quali Dante più soddisfaceva {^). Ciò avveniva, perché, pur non essendo Dante perfetto dal lato della forma, si faceva ammirare per la magnificenza della poesia e per la dottrina, di cui era pieno. " In Dante (scriveva Ludovico Dolce) ci è sugo e dot" trina, e nel Petrarca solo leggiadrezza di stile ed

  • ornamenti poetici: onde mi ricordo che un frate mi*

noritano, che predicò molti anni sono a Venezia, al* legando alle volte questi due poeti soleva chiamar " Dante messer Settembre e il Petrarca messer Mag" gio, alludendo alle stagioni, l’una piena di frutti,

  • l’altra di fiori „ (2). E non diversamente la pensarono

lo Speroni e il Trissiuo^ che nelle opere d’arte cercarono qualche cosa di più che l’eleganza dello stile. Il primo voleva, come abbiara visto, contro il parere del Bembo, vedere se Dante era nulla o meritava di esser letto; e mentre per la forma dava il vanto della (*) Opere, II, 80. (’) Dialogo della pittura; Milano, Daelli, 1863; p. 55.