Pagina:Della fortuna di Dante nel secolo XVI Barbi, 1890.djvu/50

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= 36 poeta trasse molti altri dietro di sé nella Italia superiore e qualcuno anche nelle altre parti della penisola (1): i fiorentini però parteggiarono per Dante. Vili. L’entusiasmo dei fiorentini per Dante non fu pago dell’averlo posto sopra il Petrarca, si affermò anche avere il divino poeta superato di gran lunga i due più grandi poeti dell’antichità, Omero e Virgilio. VeQ) Dell’opinione dei letterati senesi vedremo in seguito. Nell’Italia meridionale minore fu lo studio del sacro poema che nelle altre regioni, e poche testimonianze rimangono quindi della stima che si fece di Dante. Dal Caro «principe de’ poeti in questa lingua» fu detto il Petrarca ( Opere; Firenze, Le Mounier, 1864; I, 26), ma il «dir che Dante non sia autentico nella lingua» sembravagli «cosa da ridere» (Lettere; ed. cit-, li, 268) - Lattanzio Benucci dice di aver raccolto nelle sue Osservazioni sopra la Commedia di Dante Alighieri che si conservano nella Comunale di Siena ( H. VII. 20 ), le cose più notabili del poema dantesco, «perciò che in vero chi di tutte avesse voluto far particolar memoria, non era altro che replicar interamente quanto che ristesse poeta in questa sua lodatissima fatica aveva lasciato scritto; che senza dubbio alcuno eli’ è tutta degna non pur d’osservazione, ma d" ammirazione ancora, contenendosi in essa (non pur com’in ricco, ma come in suo proprio fonte^ la cognizione di tante scienze e si diverse». Più degno di nota è il giudizio di Tommaso Campanella espresso però in una delle sue ultime opere. «Unus Dantes caeteris videtur esse praeferendus in ideatione exemplorum, in mirifìcentia narrationis, in emolumentis rei publicae et privatae, in sapientiae utilitate, in imitationis ratione; solus elegantiae neglectus illi obest; quamquam apud vulgus tantum; doctissimi siquidem hunc minime in ipso desiderant» ( De libris propriis et de recta ratione stiidendi nel volume intitolato H. Gbotii et aliorum dissertationes de studiis inslituendis; Amsterodami, apud Ludov. Elzevirium, 1645; p. 403).