Pagina:Della geografia di Strabone libri XVII volume 3.djvu/168

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natura l’abbia fatta per esercitare una maggioranza sovr’esse; e chi ne consideri la vicinanza vede ch’essa può facilmente costringerle colla forza all’ubbidienza.

Se poi a quanto abbiam detto fin qui dell’Italia dobbiamo aggiungere qualche altra considerazione anche intorno ai Romani che ne sono padroni, e che si apparecchiarono con essa il ponte all’universale signoria, soggiungeremo quanto segue.

I Romani dopo la fondazione di Roma vissero prudentemente governati da re per molte generazioni; ma poi signoreggiando malvagiamente l’ultimo dei Tarquinii, lo discacciarono, e formarono un governo misto di monarchia e di aristocrazia1. Avevano allora a socii i Sabini e i Latini; ma non trovando nè costoro nè gli altri popoli circonvicini d’animo costantemente benevolo, furono in certo modo necessitati a procurare colla costoro distruzione il proprio ingrandimento. Essendosi poi così a poco a poco ampliati, accadde loro che perdettero in un subito la città contro l’opinione di tutti, e contro l’opinione di tutti la riacquistarono; e questo avvenne, come dice Polibio, nel diciannovesimo anno dopo la battaglia navale di Egos Polamos, verso quel tempo in cui fu conchiusa la pace di Antalcida. Ma dopo che i Romani ebbero respinti i Galli2, da prima si fecero soggetti tutti i Latini, poscia i Tirreni ed i

  1. L’anno 509 prima dell’E. V.
  2. Il testo dice: costoro (τούτους) d’onde pare che v’abbia lacuna del nome proprio dei nemici. — I Galli incendiarono Roma l’anno 389 prima dell’E. V.