Pagina:Della geografia di Strabone libri XVII volume 3.djvu/60

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52 della geografia di strabone

ed avendo quel principe saputo dalla propria madre Nicostrata (era costei esperta nell’arte de’ vaticinii) che ad Ercole, come avesse compiute le sue imprese, era riserbato di essere ascritto fra i Numi, glielo fece palese, ed inoltre gli cousacrò un bòsco, e gl’instituì un sagrificio alla maniera degli Elleni, quale anche al presente si osserva in onore di Ercole stesso. Questa madre poi di Evandro la venerano i Romani reputandola una delle Ninfe, e la denominano Carmenta.

Adunque i Latini da principio furono pochi, e i più di loro non eran soggetti ai Romani: ma poi abbattuti dal valore di Romulo e di quei che regnarono dopo di lui, divennero sudditi tutti quanti. E così in progresso di tempo, vinti gli Equi, i Volsci, gli Ernici, e prima di costoro i Rutoli e gli Aborigini, ed anche i Reci, gli Argirusci e parte dei Privernati, tutto il paese che da costoro occupavasi venne sotto il nome di Lazio. La pianura de’ Volsci Pomezii confinante coi Latini era pregevole, e così anche la città di Apiola, la quale fu distrutta da Tarquinio Prisco. Gli Equi erano più vicini di tutti ai Curiti, ed anche le loro città furono da quel medesimo re devastale; e il figliuolo di lui prese Suessa1 metropoli de’ Volsci. Gli Ernici abitavano presso a Lavinio, ad Alba ed alla stessa Roma; nè distanti sono Aricia, Tellene ed Anzio. Gli Albani sulle prime erano in tutto concordi coi Romaui, siccome quelli che avevano una medesima lingua, ed erano aneli’essi Latini;

  1. Dicevasi Suessa Pometia per distinguerla da Suessa Aurunca.