Pagina:Delle biblioteche circolanti nei comuni rurali per Vincenzo Garelli.djvu/28

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«buone; e solo attendono dalla sperienza e dal tempo di darvi un più normale assetto.»

Coteste nobili parole suscitano nella mia mente due questioni, alle quali è mestieri il badare, cioè:

1° È egli un medesimo il formare una Biblioteca pubblica ad uso in genere degli studiosi, od il dare cominciamento ad una raccolta di libri destinati a promuovere la cultura nel basso popolo e segnatamente negli abitanti di comuni rurali? Certo è che per una Biblioteca, diciamo così, erudita, tutto può concorrere ed essere utile. Ogni libro, anzi ogni cosa che si stampi è buona come documento storico vuoi dell’arte tipografica, vuoi della cultura in un dato periodo di tempo o d’un dato popolo. Non così interviene in una Biblioteca popolare: a questa dee presiedere una singolare prudenza nella scelta degli autori e delle edizioni; talchè converrà bene spesso escludere libri che formano invece il corredo principale delle biblioteche erudite. Cotesta proposizione è così evidente che non fa mestieri provarla maggiormente con ragioni od esempi.

2° Si potrà egli mettere insieme una Biblioteca popolare col mezzo di doni? Dalla questione precedente discende chiaramente la risposta negativa. I doni in genere hanno poca efficacia e non portano molto lontano: oltre il pericolo d’essere bene spesso inutili, perocchè non è impresa così agevole quella del giudicare quali sieno i libri degni di mettersi nelle mani del popolo, e a buon diritto Michele Chevalier, nella relazione generale della Esposizione universale di Parigi, dice: «È delicatissima bisogna quella della scelta de’ libri pei diversi generi di biblioteche. Bisogna avere in pronto opere buone nella parte speciale ai fanciulli dei due sessi al disotto dei tredici anni, in quelle pei giovani dai 13 ai 20 anni, nelle collezioni particolari per le giovani figliuole, in quelle altre pei convalescenti,