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de ricevuto, fa sentire d’avere il gelo su le labbra, e sparge brine anzichè caldi raggi tra’ suoi uditori? E le parole e le sentenze, più perfette e piene che sono, e più richieggono altresì d’intelligenza a toccarne il fondo, e più dimandano di sapienti dichiarazioni; perciocchè alla moltitudine riescono come pane sostanzioso allo stomaco del fanciullo, che nol digerisce fino che non gli si dia rammollato e tritato; e quelle formole, se si vuole, imperfette, che in altri tempi si usavano insegnando i dogmi cristiani, aveano forse nella loro stessa imperfezione questo vantaggio, che non comunicavano all’uman genere la verità tutta intera e soda, ma quasi direbbesi rotta in parti, e il disteso discorso emendava poi il difetto, se ve ne avea, delle espressioni, raccozzava ed univa quelle parti di verità solo nella parola esteriore smembrate: che anzi la verità stessa si raccozzava, per così dire, e si univa da sè medesima nelle menti e negli animi di quelli dove era entrata, e da sè ivi edificava sè medesima e si completava. Certo la verità non può operare negli spiriti, se in luogo di lei, ci contentiamo del suo morto simulacro, di parole che la esprimono bensì esattissimamente, ma la cui esattezza poco giova più che a muovere la sensazione dell’udito, giacchè quelle parole incespano, e muoiono negli orecchi. Vero è che trattandosi ora di ammettere a’ maggiori Sacramenti della Chiesa un fanciullo, si dimanda con sollecitudine s’egli sappia i principali misteri. Egli ne recita le formole: e questo è prova ch’egli li sa. Pure è ancora a dubitarsi assai, se il fanciullo il quale pronuncia a memoria le parole del catechismo, conosca di quei misteri un tantino più dell’altro che mai non le ha udite. Ma che? L’introduzione dunque moderna de’ catechismi è stata più di danno che di vantaggio alla santa Chiesa? Strano sarebbe, se ciò fosse, l’effetto arrecato da una istituzione che tanto prometteva considerata in sè medesima. Ma è a dirsi di que’ compendii ammirabili del cristiano insegnamento, quello che l’Apostolo diceva della legge di Mosè; «ch’essi sono certamente e santi e giusti e buoni; ch’essi sono utili in mano di chi legittimamente li usa (Rom. vii, 12 — 1. Timoth. 1, 8)». È dunque il difetto nell’uomo, e non nella cosa. Il catechismo all’uso moderno è invenzione ed ottima in sè medesima, e che dovea nascere nella Chiesa per la legge di progressione a cui sono soggette tutte le umane cose dal Cristianesimo sorrette. Il Clero ci pensi: a lui sarà dimandato conto del bene o del male che avrà prodotto così questa, come tutte le altre mirabili istituzioni di cui lo Spirito Santo arricchisce continuamente la Chiesa del Verbo, e che, morte da sè sole, aspettano la loro vita dalla sapienza del Clero.
18. Ma non solo i riti parlano a’ cristiani. Alla lingua di azione, ai segni dell’occhio, Cristo nell’istituzione del culto, e la Chiesa aggiunsero i segni dell’udito, cioè la parola vocale, e questa necessariamente dovette variare secondo la diversità delle nazioni. Contro questo impedimento ad una pronta comunicazione, la Providenza ebbe apparecchiato l’impero romano, che formando di innumerevoli nazioni una sola comunanza, aveva portata la lingua latina quasi fino alle estremità della terra; e i popoli chiamati al Vangelo si trovarono possedere una loquela comune, per la quale intendevano quelle parole, che accompagnano i Sacramenti ed i riti, gli spiegano, ed ancora più gl’informano. Conciossiacchè per questo appunto le parole sono la forma de’ Sacramenti; perchè Cristo con segni più determinati voleva parlare in modo al tutto chiaro all’intelligenza, e parlando ad essa, misticamente operare. E perciò conveniva che la virtù del Sacramento non fosse affissa alla materia che in essi si usa, e che per sè sola è mutola, e niente esprime di determinato; ma bensì alla parola che dichiara all’intendimento l’uso di quella materia, e il fine al quale ella si adopera. E l’intendimento così ricevea luce pel significato delle cose manifestategli, e for-