Pagina:Delle cinque piaghe della Santa Chiesa (Rosmini).djvu/36

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co’ viaggi, fatti a posta, di conoscersi scambievolmente. Chè non si risparmiavano allora viaggi lunghissimi e oltremodo disagiati, per godere pur della vista di un uomo grande e celebre in santità e in dottrina, ed avere la ventura inestimabile di udire la sua voce, e di approfittare della sua conversazione; appunto perchè v’era quella persuasione, che i libri non bastano a comunicar la sapienza, nel senso in cui ella prendevasi questa parola, cioè non una sterile cognizione, ma una intelligenza intima, un sentimento profondo, una convinzione operativa; e che all’opposto la presenza, la voce, il gesto, e fino le azioni più differenti1 de’ grandi hanno virtù di trasfondere in altrui e comunicare essa sapienza, e accender ne’ giovanetti scintille di genio, il qual si muore, o rimane sepolto ed inerte, ove non venga quasi direbbesi percosso dal genio altrui. S. Girolamo dalla Dalmazia venne a Roma a ricevervi la prima educazione; indi viaggiò nelle Gallie, dove visitò tutti i personaggi che ivi fiorivano; passò in Aquileja a udire il Vescovo S. Valeriano, sotto il quale è memoria che si trovavano assembrati più uomini celeberrimi; poi se ne andò, in Oriente ad Apollinare in Antiochia, si fece alunno di Gregorio Nazianzeno in Costantinopoli, e co’ capelli canuti non isdegnò di apprendere in Alessandria dalla bocca del cieco Didimo quel sapere di verità, di cui a quel tempo non si finiva di andare in cerca se non per morte. Che più? anco per ben conoscere una sola questione di ecclesiastica dottrina, non si viaggiava mezzo mondo? Valga in esempio il prete Orosio, che dalla Spagna essendo andato in Africa ad imparare da S. Agostino il modo di confutare le eresie che allora infestavano la Chiesa; e questi il rimise pel medesimo fine a S. Girolamo, che andò trovare nella Palestina. Così apprendevano teologia i maggiori Sacerdoti di que’ tempi; così i grandi uomini di quel Clero mettevano diligenza in conoscersi fra di loro!

50. 2.° Dalla corrispondenza epistolare che avevano insieme continuamente i Vescovi anche più lontani; e ciò sebbene mancassero i mezzi tanti che noi abbiamo oggidì di comunicazione. Per esempio fa maraviglia il veder come un S. Vigilio Vescovo di Trento mandi in dono, accompagnata con lettera di amicizia, una parte delle reliquie de’ Martiri dell’Anaunia, fino a S. Giovan Grisostomo Vescovo di Costantinopoli, e un’altra parte a Milano a S. Simpliciano. Ed oltre queste lettere di privata amicizia di Vescovo a Vescovo; si scrivevano ancora le Chiese l’una all’altra massime le principali alle loro soggette; e in questa pia corrispondenza prendeva parte il presbiterio ed il popolo stesso; e quelle venerabili lettere venivano poi con riverenza lette nelle pubbliche adunanze i giorni festivi. Tale era l’esempio dato dagli Apostoli ai loro successori: tali sono le lettere di S. Pietro, di S. Paolo, di S. Giovan-


    santo Vescovo gli concedeva d’esser sempre vicino a lui, battezzandolo dopo tre anni di ammaestramento, e facendolo Lettore, e più tardi ammettendolo agli ordini del Suddiaconato e Diaconato: Ora con S. Giovan Grisostomo insieme erano Teodoro e Massimo, che furono poi Vescovi di Mopsueste in Cilicia, e di Seleucia in Isauria. Diodoro, che li esercitava nella vita ascetica, fu pure Vescovo di Tarso. Basilio, amico di S. Giovan Grisostomo, fu ben giovane promosso all’episcopato. Ecco un nido di Vescovi, amici prima di essere elevati a quella dignità. Se si vuole un esempio tratto dall’Occidente, osservisi la scuola di s. Valeriano vescovo di Aquileja. Quando vi fu a visitarlo san Girolamo, oltre avervi san Cromazio, che fu poi successore di san Valeriano nel Vescovato Aquileiese, oltre Eliodoro che parimente fu poi Vescovo, fiorivano in essa dei dottissimi e piissimi Sacerdoti, Diaconi, e ministri inferiori, come il celebre Ruffino, Giovino, Eusebio, Nepoziano, Benoso ed altri rammemorati dalla storia. In Africa è noto che la casa o piuttosto il Monastero di sant’Agostino era un semenzaio di Vescovi.

  1. Questo si avvera tanto maggiormente nell’ordine soprannaturale. I Santi comunicano con ogni lor cura e quasi riversano lo spirito della santità in quelli che li circondano; e questo espresse Cristo con somma efficacia in quelle sue parole: «Chi crede in me, come disse la scrittura; usciranno del suo ventre fiumi di acqua viva.» Giov. vii, 38.