Pagina:Delle cinque piaghe della Santa Chiesa (Rosmini).djvu/37

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ni, di S. Giacopo e di S. Giuda, che ancor si conservano inserite nel corpo delle Scritture canoniche; tali le lettere de’ sommi Pontefici S. Clemente, e S. Sotero alla Chiesa di Corinto; come pure quelle che scrissero S. Ignazio, e S. Dionigio Vescovo di Corinto a varie Chiese, e specialmente alla Romana1, e tante altre.

51. 3.° Dalle visite che si facevano i Vescovi gli uni gli altri, o mossi dalla scambievole carità o dallo zelo per gli affari della Chiesa; e non solo dallo zelo per la Chiesa particolare a loro affidata, ma assai più per la universale, consapevoli, sì com’erano, di esser tutti i Vescovi della Chiesa cattolica2, e che una diocesi non può essere segregata dall’intero corpo de’ fedeli più di quello che il possa essere un membro del corpo. Perciocchè come qualunque membro del corpo umano ha bisogno di venire inaffiato da quella massa di sangue che tutto il corpo trascorre: e penetra per gli meati delle vene grosse e mezzane e capillari, fino alle ultime sue estremità, e da per tutto continuamente si cangia e si tramuta, per così dire, di vaso in vaso, sicchè non si può assegnare una porzione di quel sangue, che sia propria di un braccio, e un’altra che sia propria di una gamba, ma tutto è a tutto il corpo comune: e lo stesso si può dire di vari altri umori che girano secondo loro proprie leggi per l’intero corpo, siccome pure dell’azione simultanea di tutte le parti concordi a produrre un solo effetto, cioè la vita, di cui ciascun brano del corpo partecipa e vive, non perchè abbia una vita sua particolare, ma perchè la vita comune è appunto vita sua; così medesimamente è nella Chiesa cattolica, nella quale ciascuna Diocesi particolare conviene che viva della vita della Chiesa universale, mantenendo con questa una continua vitale comunicazione, e ricevendone la salutare influenza; e dove da questa si separi alcun poco, ella incontanente si fa come morta; o pure, ove si metta un impedimento al comunicare col tutto della Chiesa, ella non ha più che una vita assai languida e spossata, in ragione di quell’impedimento che la stringe e riduce svigorita; siccome un braccio legato strettamente da funicelle, a cui vien meno la sensitività e il movimento; se non anco alla guisa di un braccio, che tocco da accidente diventa paralitico, o intormentito, o agghiadato, ove la circolazione è oggimai lenta, e le funzioni sono arrestate, o sospese. Ma queste idee sono straniere alla massima parte del nostro Clero; e procedendo così, noi avremo necessariamente di que’ Vescovi, il cui vedere appena che giunga ai confini della loro diocesi, e i quali si persuaderanno di avere soddisfatto assai acconciamente all’incarico episcopale, allorquando non sieno mancati alle comparse di uso nella loro Chiesa cattedrale, o in Seminario; quando il servizio esterno della diocesi sia in qualche modo coperto e non promuova reclamo da’ laici; e finalmente quando abbiano eseguito materialmente le funzioni tutte del Ponteficale del Cerimoniale dei Vescovi3.

  1. In questa lettera di Dionigio alla Chiesa Romana il santo dice fra le altre cose: «Noi abbiamo celebrato in questo giorno la santa festa della Domenica, e abbiam letta la vostra lettera, la quale seguitiamo a leggere tuttavia per nostro ammaestramento; siccome la precedente scrittaci da Clemente.» Euseb. Stor. Eccl. Lib. iv- c. 23. Sette lettere si conoscono di questo insigne Vescovo di Corinto, scritte ai fedeli di diverse chiese, cioè, oltre quella ai Romani, una ai Lacedemoni, una agli Ateniesi, una ai Nicomedii, una alla Chiesa di Amastris nel Ponto, una alla Chiesa di Gortina in Creta, e una ai Gnosiani nella medesima isola di Creta. Più note sono quelle sei bellissime di sant’Ignazio che ancor si conservano, agli Efesini, ai Magnesii, ai Tralliani, ai Romani, ai Filadelfini, ed agli Smirnei. Tanto estese erano le relazioni che conservavano quei Santi Vescovi, presbiterii, e popoli cristiani tra di loro!
  2. Si sottoscrivevano spesso con questa denominazione.
  3. Dell’uffizio che hanno i Vescovi di aver cura della Chiesa universale così dice san Cipriano: Copiosum corpus est Sacerdotum concordiae mutuae glutinae atque unitatis