Pagina:Delle istorie di Erodoto (Tomo III).djvu/168

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6 altro esempio che la paragoni. Senza dimenticare nemmanco che questo Pitio apparteneva anch’agli alla ricchissima Lidia; a quel paese prediletto dal cielo, dove il fiame Fattolo trasportava le pagliuzze auree tirate giii dallo Tmolo. Ma pare altresì stabilito dai dotti (salla fede massime di Plutarco) che la principale fonte della ricchezza di Pitio stesse nella coltivazione delle miniere, alla quale egli volle che i suoi servi, anche con pregiudizio dell’agricoltura, in ispecial modo si dedicassero. Ed è poi molto curioso e notevole ciò che da Plutarco e da Polieno sì narra intorno al modo usato dalla moglie di Pitio (in tempi anteriori alla narrazione di Erodoto) per guarirlo dall’insana e inestinguibile sete dell’oro. Che (quando egli se ne tornava a casa per desinare) invece di mettergli avanti delle cose mangiabili, la donna gli apprestava oro. Novelletta morale, probabilmente inventata da qualche sofista con evidente imitazione della famosa favola di Mids.

N. 7. ’AniKÓtievo? òé i<; Zapbi?, irpCÙTa mév àitéite|itr€ icripiica; é^rflv ’E\Xdòa, alTifi(JovTa(; Tnv Te koI iittwp k. t. X. {§ 32).

Spacciò (Serse) per prima cosa tuoi araldi per la Grecia, « quali dovevano richiedere l’offerta della terra e deWacqua.

L’offerta simbolica della terra e dell’acqua, menzionata nel passo surriferito; e molte volte ripetuta nella narrazione erodotea delle guerre persiane; merita, secondo me, di essere attentamente considerata pel fatto, che essa serve a determinare una forma propria e tutta speciale di soggezione fra gl’infÌDiti popoli che dovettero più o meno piegarsi e sottentrare. al giogo dei re di Persia. Imperocché la semplice offerta della terra e dell’acqua non importava evidentemente uè occupazione nemica, né tributo permanente di uomini e di danaro, né cambiamento di polizia; ma costituiva piuttosto come un vincolo morale di sudditanza, e una specie di alleanza dipendente con oneri determinati a misurati a seconda delle circostanze. Dalla Macedonia, dalla Grecia propria, dalle Cicladi, tanto Dario quanto Serse non pretesero veramente a princìpio altra soggezione da quella che portava seco l’offerta della terra e dell’acqua. Chi rispose si, chi rispose no, secondo la varietà del sito, degli umori, degl’interessi; ma principalmente secondo la maggiore o minor paura sentita dai sìngoli Slati ellenici del nome e della potenza persiana. E in conseguenza però della natura essenzialmente morale del vincolo basalo suU’ofTerla della terra e dell’acqua, ora l’alleanza si rafforzava, ora si rammolliva, o si strappava anche finalmente del tutto, secondo i casi. Lo Cicladi, per esempio, si affrettarono a sottomettersi a Dario, quando il suo navìglio, comandato da Dati e da Artaferne, le attraversava (dopo la sconfitta di Naaso) volgendo per Maratona. E si affrettarono ancora, da buoni alleati, a ingagliardire l’armata di Serae dopo le vittorie persiane delle Termopilo e di Artemisio.. Non appena peraltro mutò il giro della fortuna; e dopo

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