Pagina:Delle istorie di Erodoto (Tomo III).djvu/29

Da Wikisource.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca

– 17 –

noi, i quali soffrimmo le prime ingiurie, ci moviamo per vendicarle; e che io faccia l’esperimento delle molte disgrazie che mi si predicano, mentre mi rivolgerò contro un popolo che fu già sottomesso da Pelope, Frigio, già servo dei nostri padri; e sottomesso per modo, che fino ad oggi, uomini e paese, si chiamano col nome del conquistatore.

12. Qui cessarono i discorsi, e l’assemblea si disciolse. Al sopraggiungere poi della notte, Serse cominciò a provare certo qual turbamento per i consigli di Artabano e seguitando, col progredir della notte, a meditare seriamente nei casi suoi, alla fine si risolvette che la spedizione di Grecia non era affare buono per lui: e posciachè gli si furono mutati nell’animo i primitivi propositi, si addormentava. Ma in quella notte medesima (secondo un racconto tramandatoci dai Persiani) Serse ebbe una visione: poichè parvegli che gli si facesse dappresso una grande e bella figura d’uomo, e così gli parlasse: Tu dunque, o Persiano, hai mutato consiglio, e non vuoi più guidare il tuo esercito contro la Grecia, dopo di avere da tutte le parti della Persia chiamato armi ed armati? Questa tua volubilità non mi piace, e non troverai uomo che sia disposto a approvarla. Riprendi, dunque, gl’intermessi propositi, e rimettiti per l’antica strada. Ciò detto, a Serse parve che la figura incontanente si dileguasse.

13. E allo spuntare del giorno, il re senza fare il menomo caso del descritto sogno, richiamò a parlamento quei medesimi personaggi che aveva adunati prima, e rivolse loro queste parole: Persiani, voi mi userete