Pagina:Delle istorie di Erodoto (Tomo III).djvu/359

Da Wikisource.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca

— 347

61. Gli Ateniesi, udite tali parole, già si disponevano ad accorrere in aiuto dei confederati con quel maggiore sforzo ch’essi potevano; ma non si erano appena mossi, che ebbero sopra tutta la massa dei Greci aggregati all’esercito barbarico; i quali (come già si sa) erano stati loro opposti nell’ordine di battaglia. Di maniera che furono onninamente impediti di dare l’invocato soccorso, per la molestia patita dagli assalitori. E quindi i soli Lacedemoni e i soli Tegeati (che giammai dai Lacedemoni non si staccavano); in numero di cinquantamila i primi, e di tremila i secondi, comprese le milizie leggere; fecero i loro sacrifici augurali, poiché erano sul punto di paragonarsi con Mardonio e con il suo esercito. Ma essendo riuscita infausta l’esplorazione delle vittime, molti furono i Greci uccisi in quella fazione, moltissimi i feriti: imperocché i Persiani avendo costrutta una specie di palizzata dei loro scudi di vimini confitti in terra, cominciarono a bersagliare il nemico con una tal furia di saette, che Pausania vedendo a qual duro partito erano ridotti i suoi Spartani, e scosso dalla contrarietà degli auspici, si rivolse al tempio giunonico dei Platcesi, invocando la Dea e pregandola acciocché i voti dei Greci non fossero sparsi al vento.

62. E Pausania stava ancora in questa preghiera, quando i Tegeati pei primi si spinsero avanti contro i Barbari. Ma subito dopo la preghiera di Pausania, essendo apparsi segni di buon augurio anche nelle vittime immolate dai Lacedemoni; questi, avveratosi finalmente un tal fatto, mossero anch’eglino contro i Persiani; e i Persiani allora ( deposti i loro archi ) avanzarono senza più contro i Lacedemoni. Si aggirò dapprincipio il combat