Pagina:Diario di Nicola Roncalli.djvu/126

Da Wikisource.
108 diario roncalli

» Le glorie di Palestina, la santità della causa, l’orgoglio del Nome Romano, stavano da una parte con pochi soldati ma prodi.

» Dall’altra, l’onta di una recente disfatta, la coscienza del fratricidio, comandato da un tiranno ferocemente stupido, stavano coi molti.

» La vittoria non poteva esser dubbia.

» E non fu.

» Cedevano al romano urto i nemici.

» I nostri furono meravigliosi.

» I prodi di Garibaldi sfolgorarono.

» Contenne le vittoriose armi la pietà verso i fuggenti. Eglino abbandonavano la stessa Velletri, dispensandoci dall’oppugnarla oggi.

» L’alta notte velava la fuga.

» E la fuga non era vergognosa.

» Vergognosa era l’invasione del territorio Romano, vergognoso l’avanzarsi a combattere la Repubblica che non oltrepassava i propri confini, una Repubblica che sorgeva dal suffragio universale, forte del suo diritto, e parata a resistere a tutti gli sgherri del dispotismo.

» Il bombardatore di Palermo e di Messina capitanava (è voce comune) sedici mila uomini; anelava a deliziarsi, secondo Nerone, nello incendio di Roma.

» Ma i passi amari della fuga lo aspettavano.

» Romani, — o vigiliate dalle mura alla difesa della città, — od usciate in campo aperto a combattere, — voi siete invincibili, — il diritto e Dio stanno colle vostre forze. — Chi contro Dio?