Pagina:Discorsi sopra la Prima Deca di Tito Livio (1824).djvu/371

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il nimico alla vendetta, ed in nessuna parte lo impediscono, come è detto, alla offesa; tanto che le sono tutte armi che vengono contro a te. Di che ne seguì già uno esemplo notabile in Asia: dove Gabade, capitano de’ Persi, essendo stato a campo a Amida più tempo, ed avendo deliberato, stracco dal tedio della ossidione, partirsi; levandosi già con il campo, quegli della terra, venuti tutti in su le mura, insuperbiti della vittoria, non perdonarono a nessuna qualità d’ingiuria, vituperando, accusando, e rimproverando la viltà e la poltroneria del nimico. Da che Gabade irritato, mutò consiglio; e ritornato alla ossidione tanta fu la indegnazione della ingiuria, che in pochi giorni gli prese e saccheggiò. E questo medesimo intervenne a’ Veienti: a’ quali, come è detto, non bastando il fare guerra a’ Romani, ancora con le parole gli vituperarono, ed andando infino in su lo steccato del campo a dire loro ingiuria, gl’irritarono molto più con le parole che con le armi: e quegli soldati che prima combattevano mal volentieri, costrinsero i Consoli a appiccare la zuffa, talché i Veienti portarono la pena, come gli antedetti, della contumacia loro. Hanno dunque i buoni principi di eserciti, ed i buoni governatori di republica, a fare ogni opportuno rimedio, che queste ingiurie e rimproveri non si usino o nella città o nello esercito suo, né infra loro, né contro al nimico: perché, usati contro al nimico, ne riescono gl’inconvenienti soprascritti; infra loro, farebbero