Pagina:Discorsi sopra la Prima Deca di Tito Livio (1824).djvu/437

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ammazzarlo, ed elesse questo tempo. Andava Pandolfo quasi ogni giorno a vicitare uno suo parente infermo, e nello andarvi passava dalle case di Iulio. Costui, adunque, veduto questo, ordinò di avere i suoi congiurati in casa ad ordine per ammazzare Pandolfo nel passare; e, messisi dentro all’uscio armati, teneva uno alla finestra, che, passando Pandolfo, quando ei fussi presso all’uscio, facessi un cenno. Accadde che, venendo Pandolfo, ed avendo fatto colui il cenno, riscontrò uno amico che lo fermò; ed alcuni di quelli che erano con lui, vennono a trascorrere innanzi; e veduto, e sentito il romore d’arme, scopersono l’ agguato; in modo che Pandolfo si salvò, e Iulio ed i compagni si ebbono a fuggire di Siena. Impedì quello accidente di quello scontro quella azione, e fece a Iulio rovinare la sua impresa. Ai quali accidenti, perché e’ son rari, non si può fare alcuno rimedio. È bene necessario esaminare tutti quegli che possono nascere, e rimediarvi.

Restaci al presente, solo a disputare de’ pericoli che si corrono dopo la esecuzione: i quali sono solamente uno; e questo è, quando e’ rimane alcuno che vendichi il principe morto. Possono, adunque, rimanere suoi frategli, o suoi figliuoli, o altri aderenti, a chi si aspetti il principato; e possono rimanere o per tua negligenzia o per le cagioni dette di sopra, che faccino questa vendetta: come intervenne a Giovanni Andrea da Lampognano, il quale, insieme con i suoi congiurati, avendo