Pagina:Discorsi sopra la Prima Deca di Tito Livio (1824).djvu/621

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dialogo 32

le passioni dell’ira non siano però del tutto incurabili a cui vuole pur farli qualche difesa. Avvenga che non sempre sieno i principj di qiella grandi e violenti, ma nascono il più da motti, cenni e parole, come fu quello d’Elena, la quale salutando Elettra sua nipote, che, l’età fanciullesca già passando, si ritrovava ancora senza marito, le disse: Gran tempo è che io vergine ti conobbi. Ed ella sdegnata di cotali parole, le rispose: Tu bene non te ne ricordi, perciocchè allora a cognoscer m’incominciasti, quando, dal tuo sposo con vergogna fuggendoti, abbandonasti la tua propria casa. E come Callistene similmente disse ad Alessandro, quando nel convito mandava attorno quella gran tazza di vino perchè ciascuno beesse: Io non voglio, Alessandro, in guisa bere ch’egli mi faccia mestiere l’ajuto d’Esculapio. E siccome la paglia o fieno acceso dalla fiamma facilmente s’estingue, ma s’ella s’appicca ne’ legni grossi, o che si lasci scorrere, tosto consuma ed abbrucia ogni cosa; così se alcuno nel principio terrà salda la mente, quando sentirà li primi movimenti dell’ira, e che egli si va riscaldando di parole immodeste, non gli sarà molta fatica a reprimerla, ma ben spesso, tacendo, la potrà estinguere o con farne poca stima; perciocchè levando la materia al fuoco, per sè stesso si spegne. E sopra questo pensando io non approvo l’opinione di Ieronimo, come che nell’altre cose bene e drittamente discorra, dove dice che il senso dell’ira