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Cassio nel 44 a. C. Il suo cugino ed erede Ottavio, il quale dopo di lui prese anche il nome di C. Julius Caesar (Octavianus), continuò la monarchia. Dopo di lui tutti gl’imperatori ebbero il soprannome di Caesar, accanto al titolo di Augustus, finchè sotto Adriano sorse la distinzione tra il Caesar Augustus, che regnava realmente e il Caesar, suo successore designato, l’erede del trono (che in tempi più moderni si chiamò «re di Roma»). — Deriv.: A) Caesărĕus, a, um, Cesareo, di G. Cesare. B) Caesărĭānus, a, um, Cesariano, di G. Cesare; sost. Caesariani, orum, m. i partigiani di Cesare nella guerra civile, i Cesariani.

Caesărĕa, ae, f. (Καισάρεια), I) chiam. più anticam. Stratonis turris, piccola città marittima e porto della Palestina sui confini della Galilea e della Samaria, ancora oggi Kaisarieh. II) città della Mauritania, chiamata prima Jol, più tardi capitale della Mauritania Caesariensis; oggi Tenez (tra Mostagan e Scherchel). III) capitale della Cappadocia; oggi rovine presso Kaisarieh. IV) l’antica Arca (Arcena urbs), colonizzata dai Romani e quindi chiamata Caesarea, città della Fenicia, patria dell’imperatore Alessandro Severo.

Caesărĕus, -rĭānus, V. Caesar.

caesărĭēs, ēi, f. la capigliatura folta (detta perciò horrida) degli uomini, specialmente dei guerrieri (e lo stesso della donna), chioma, capigliatura, zazzera, promissa, Liv.: caesaries longae barbae, i lunghi peli della barba.

Caesēna, ae, f., città di poca importanza nella Gallia Cispadana, oggi Cesena.

caesim, avv. (caedo), I) di taglio (contr. punctim, di punta) II) trasl.: d’un sol colpo, membratim adhuc, deinde caesim diximus, Cic.

caesĭus, a, um, I) azzurriccio, grigio-azzurro, detto degli occhi, Cic. ed a. II) trasl.: dagli occhi azzurri, dagli occhi felini, detto di uomini, Cornif. rhet. ed a.: di bestie, leo, Catull.

Caesĭus Bassus, i, m., amico del poeta Persio, che indirizza a lui la sua sesta satira.

Caesŏ (Kaeso), ōnis, m., cognome romano dei Duilii, Fabii, Quinctii.

caespĕs (cēspĕs), pĭtis, m. (da caesus, caedo), cespite, zolla, piota, I) propr. e meton.: A) propr.: adoperato per costruire accampamenti e trincee, coprir capanne, innalzare altari, tumuli, Sen. ed a.: vivus, Hor.: al plur., recentes caespites, Caes.: non esse arma caespites neque glebas, Cic. B) meton., 1) capanna di zolle, Hor. Carm. 2, 15, 17. 2) altare di zolle, Hor. Tac. ed a. 3) cespite, radice da cui sorgono molti steli. II) trasl.: terra erbosa, zolla, Verg., Plin. ed a.

caestŭs (cestus), ūs, m. (da caedo), cesto, fatto di striscie di cuoio, guernito di piombo o di ferro, di cui i combattenti al pugilato (pugiles) si avvolgevano le mani e le braccia, Cic., Verg. ed a.

caetĕrus e derivati, V. ceterus etc.

caetra, caetratus, V. cetra, cetratus.

Caeus, V. 245. — Caeyx, V. 221.

Căīeus; i, m. (Κάϊκος) fiume della Grande Misia, che sorge appiè del Temno nella Teutrania, scorre verso mezzogiorno e si unisce presso Pergamo al Mysus o Mysius (il quale sorge pure dal Temno), onde Ovidio (met. 15, 274) prende il Caico per il Miso (nel suo corso superiore); scorre quindi ad occidente e sbocca nel Sinus Eleaticus; oggi Ak-sou o Bokhair (Bakir, Bacher, secondo il Richter Bakirtschai == fiume di rame).

Cāja, Cājānus, V. Cajus.

Cājēta, ae, e Cājētē, ēs, f. (Καιήτη), I) Cajeta, nutrice di Enea, II) città e golfo sui confini del Lazio e della Campania nelle vicinanze di Formiae, dove era il podere di Cicerone. Quivi, secondo la tradizione, fu sepolta la nutrice Cajeta (V. n° I); oggi Gaeta. — Deriv.: Cājētānus, a um, di Gaeta.

Cājus (nei poeti anche trisillabo Căĭus), i, m., e Cāja, ae, f. (ma leggi Gajus, Gaja, Caeyx, V. lettera C), prenome rom. Alle nozze si soleva chiamar lo sposo Cajus e la sposa Caja, e questa diceva: Ubi tu Cajus, ego Caja. — Negli storici postaugustei indica principalmente l’imper. Cajus Caligula; quindi Cājānus, a, um, Caiano, di Caio (Caligola).

Călabri, ōrum, m., gli abitanti della Calabria, Calabresi — Deriv.: A) Călăbĕr, bra, brum, calabro, di Calabria, hospes, Hor.; oves, Col.: poet., Pierides, la poesia di Ennio, Hor. B) Călabrĭa, ae, penisola che da Taranto si estende nella direzione di SE fino al promontorium Japygium, patria del poeta Ennio, rinomata per l’olio, il vino, il mele, e per il bestiame, specialmente ovino.

Călactē, ēs, f. (Καλή ἀκτή), città sulla costa settentrionale della Sicilia; oggi rovine presso Colonia. — Deriv.: Călactīnus, a, um, calattino, di Calatte; plur. sost. Calactini, orum, gli abitanti di Calatte, i Calattini.

Călăgurris, is, acc., im, f., città della Spagna citeriore, nel territorio degl’Iergeti, oggi Loharre. — Deriv.: Călăgurrĭtāni, ōrum, m., gli abitanti di Calagurri, i Calagurritani.

Călăis, is, acc. in, abl. i, m. (Κάλαϊς), figlio alato di Borea (Aquilone) e di Orizia; fratello di Zete, col quale egli accompagnò gli Argonauti e scacciò le Arpie.

călămārĭus, a, um (calamus), appartenente al calamo da scrivere, theca, scatola da penne, Suet. Cl. 35.

Călămis, mĭdis, m. (Κάλαμις), uno dei più grandi scultori dell’epoca di Fidia (verso i1 476. av. Cr.).

călămistĕr, tri, m., e călămistrum, tri, n. (calamus), calamistro, ferro (vuoto in forma di canna) da arricciare i capelli. I) propr.: frons calamistri notata vestigiis, Cic.: crines calamistro convertere, Petr. II) trasl.: soverchio ornamento, artifizio nell’espressione, calamistros adhibere, Cic.: illa calamistris inurere, Cic.

călămistrātus, a, um (calamister), arricciato col calamistro, coma, Cic.: pregn. == dai capelli arricciati, saltator, Cic.

călămĭtās, ātis, f. calamità, disgrazia, danno, cagionato da grandine, cattiva raccolta, mortalità del bestiame, ecc. I) propr. omnis tempestatis calamitas, Cic.: calamitas fru-''''Testo in grassetto