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il veterano al congresso |
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Nel ’67 s’era di guarnigione a Firenze; appena seppi che Garibaldi era riuscito a fuggire da Caprera, mi presentai al colonnello e domandai, franco, un permesso per affari di famiglia: Chiel a m’la cônta nen giusta! Chiel a sta per fe quaich’autra balossada! Non dubiti, colonnello! vado a trovare mi mugier che la xe malata, povareta! Invece feci un fagotello della sciabola, del revolver, della camicia rossa benedetta, e via col primo treno a Passo Corese. Sì, no? Al confine c’era il caos. — Garibaldi? Viene? No! — I gruppi dei volontari sparsi qua e là parevano mandre abbandonate. Bisognava vederci, mortificati, avviliti. A un tratto, ecco una carrozza di carriera. È lui! è il Generale!... Pareva una striscia di polvere — che so, una corrente elettrica — e dove passava diventavan tutti diavoli; saltavano, urlavano, alzavano i fucili e giù di corsa, cantando la Gigogin, traversavano macchie, si precipitavano per torrenti, tutti a sciami verso la carrozza del generale: Un delirio! Tanto gli ho tempestao che son riuscito a farmi metter nel battaglione di avanguardia, e marcia, marcia, siam ar-