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2 | don chisciotte. |
domina, ed ove ha propria sede ogni sorte di malinconioso rumore. Il riposo, un luogo delizioso, l’amenità delle campagne, la serenità dei cieli, il mormorar delle fonti, la tranquillità dello spirito, sono cose efficacissime a render feconde le più sterili Muse, affinchè diano alla luce parti che riempiano il mondo di maraviglia e di gioia. Avviene talvolta che un padre abbia un figliuolo deforme e senza veruna grazia, e l’amore gli mette agli occhi una benda, sicchè non ne vede i difetti, anzi li ha per frutti di buon criterio e per vezzi, e ne parla cogli amici come di acutezze e graziosità. Io però, benchè sembri esser padre, sono patrigno di don Chisciotte, nè vo’ seguir la corrente, nè porgerti suppliche quasi colle lagrime agli occhi, come fan gli altri, o lettor carissimo, affinchè tu perdoni o dissimuli le mancanze che scorgerai in questo mio figlio. E ciò tanto maggiormente perchè non gli appartieni come parente od amico, ed hai un’anima tua nel corpo tuo, e il tuo libero arbitrio come ogni altro, e te ne stai in casa tua, della quale sei padrone come un principe de’ suoi tributi, e ti è noto che si dice comunemente: sotto il mio mantello io ammazzo il re. Tutto ciò ti disobbliga e ti scioglie da ogni umano riguardo, e potrai spiegar sulla mia storia il tuo sentimento senza riserva, e senza timore d’essere condannato per biasimarla, o d’averne guiderdone se la celebrerai.
Vorrei per altro, o lettor mio, offrirtela pulita e ignuda, senza l’ornamento di un prologo, e spoglia dell’innumerabil caterva degli usati sonetti, epigrammi, od elogi che sogliono essere posti in fronte ai libri1; e ti so dire che sebbene siami costato qualche travaglio il comporla, nulla mi diede tanto fastidio quanto il fare questa prefazione che vai leggendo. Più volte diedi di piglio alla penna per iscriverla, e più volte mi cadde di mano per non sapere come darle principio. Standomi un giorno dubbioso con la carta davanti, la penna nell’orecchio, il gomito sul tavolino e la mano alla guancia, pensando a quello che dovessi dire, ecco entrar d’improvviso un mio amico, uomo di garbo e di fino discernimento, il quale, vedendomi tutto assorto in pensieri, me ne domandò la cagione. Io non gliela tenni celata, ma gli dissi che stavo studiando al prologo da mettere in fronte alla storia di don Chisciotte, e ci trovavo tanta difficoltà, che m’ero deliberato di non far prologo, e quindi anche di non far vedere la luce del giorno alle prodezze di sì nobile cavaliere.
— “Come volete voi mai, soggiuns’io, che non mi tenga confuso il pensare a tutto ciò che sarà per dirne quell’antico legislatore
- ↑ Allude all’usanza che non fu solamente spagnuola ma di tutte le nazioni, che ogni nuova opera dovesse essere preceduta da una serie d’elogi quasi sempre in versi, e d’ordinario tanto più numerosa quanto il merito era più scarso.