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222 don chisciotte.

nel vano di un vecchio sughero. Egli si fece incontro a noi con grande cortesia, col vestito tutto lacero, sfigurato nella faccia ed abbronzato dal sole per modo che lo abbiamo appena riconosciuto: se non che ci siamo assicurati ch’egli era quel desso considerando le vesti così lacere che avevamo prima vedute, e le notizie che di lui ci erano state date. Ci salutò con gentilezza, e in poche ma succose parole ci disse che non facessimo le maraviglie del suo stato, perchè così era obbligato di fare per compiere una certa penitenza impostagli pe’ suoi peccati. Lo pregammo a volerci dire chi egli fosse, ma si rifiutò costantemente; gli abbiamo detto che quando avesse bisogno di sostentamento, senza il quale non potea certamente campare, ci facesse sapere dove dovessimo andarlo a trovare, perchè con tutta la premura e l’affetto gliel’avremmo portato, e che, se nè anche questo gli piaceva, lo avremmo condotto nei nostri casolari; e se tuttavia non gli piacevano le nostre offerte, ci chiedesse almeno quello di cui avea bisogno, ma si astenesse dall’usar violenza ai pastori come avea fatto. Egli gradì molto le nostre esibizioni, ci chiese perdono dell’accaduto, e promise di domandarci sempre quanto avesse bisogno per amor di Dio senza far molestia ad alcuno. Quanto al soggiorno non volle pure cangiarlo, e sul finire del suo discorso proruppe in sì tenero pianto che solo chi fosse stato di sasso avrebbe potuto ritenersi dal piangere insieme con lui. Noi consideravamo qual egli era la prima volta, e quale ci si parava allora dinanzi, perchè,