Pagina:Don Chisciotte (Gamba-Ambrosoli) Vol.1.djvu/46

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28 don chisciotte.


dubitare che non ne fossero ben provveduti. Avesse quindi per fermo e incontrastabile, che tutti gli erranti cavalieri, dei quali sono pieni cotanti libri, portavano seco una borsa molto ben provveduta per tutto quello che loro potesse avvenire, e che in oltre recavano seco biancherie, ed una cassettina piena d’unguenti per le ferite che riceveano; poichè nei campi e nei deserti dov’essi combattevano e rimanevan feriti, non si trovava sempre chi all’istante imprendesse la loro cura, a meno che qualche savio incantatore loro affezionato non li volesse soccorrere, facendo giugnere a volo per l’aria in una nube, o una donzella od un nano con qualche tazza piena d’acqua di tal virtù, che a gustarne pur una goccia guarivano delle piaghe e delle ferite come se non avessero mai avuto alcun male. Ma potendo anche mancare questo soccorso, i cavalieri antichi trovarono sempre assai necessario che i loro scudieri avessero seco danari, ed altre indispensabili cose, come a dire fili e unguenti per medicarsi; e quelli che mancavano di scudieri (ciò che assai di rado avveniva) portavano eglino stessi siffatte cose in bisacce tanto sottili che quasi non si scorgevano, mettendole sulla groppa del cavallo come se fossero oggetti di maggiore importanza; giacchè fuori di simile necessità non fu mai costume dei cavalieri erranti di portar seco bisacce. Però lo consigliava caldamente ed anche glielo comandava come a figlioccio qual era o stava per essere, che in avvenire non viaggiasse mai senza danari e senza le suggerite precauzioni, poichè quando meno se lo pensava conoscerebbe col fatto quanto gli gioverebbe l’esserne provveduto. Promise don Chisciotte di fare quanto gli era consigliato; dopo di che fu deciso ch’egli vegliasse l’arme in un vasto cortile che stava a lato di quell’osteria.

Raccolte che l’ebbe tutte, le pose sopra una pila sopra una pila che giaceva a canto d’un pozzo; ed imbracciata la targa, e presa la lancia, misesi a passeggiar loro dinanzi col miglior garbo del mondo, avendo cominciato il passeggio all’avvicinarsi della notte. L’oste informò quanti ritrovavansi nell’albergo della pazzia dell'ospite suo, della veglia che faceva all’arme e della fiducia in cui era di dover essere armato cavaliere. Parve a tutti mirabile quel nuovo genere di pazzia, e fattisi a un luogo d’onde potevano spiare quello che il nuovo arrivato facesse, videro che con decorosa gravità talor passeggiava, e talvolta appoggiato alla sua lancia tenea l’occhio fiso sull’arme sue senza levarnelo per buon tratto di tempo. Si fece poi notte del tutto, ma la luna mandava così gran luce, da poter quasi gareggiare coll’astro che gliela prestava; di modo che ciascuno vedeva benissimo tutto ciò che il novello cavaliere faceva. In questo mezzo saltò in capo ad uno dei vetturali che stavano nell’osteria ad abbeverare i suoi muli, e gli fu perciò mestieri di le-