dì nelle terre del Pretegianni dell’Indie e in altre ancora, che non furono mai scoperte da Tolomeo, nè vedute da Marco Polo? Nè alcuno mi dica che gli autori di tali libri scrivono ogni cosa per mera finzione, e che non sono punto tenuti alle leggi ordinarie; giacchè tanto è più vaga la finzione quanto più al vero si avvicina, e tanto più gradita riesce quanto ha più in sè del dubbioso e del possibile. Le favole debbono associarsi al discernimento dei loro lettori ed essere scritte in modo che rendendo facili gl’impossibili, appianando le difficoltà, tenendo in sospeso gli animi, rendano il lettore o maravigliato o soddisfatto, e lo occupino in modo che la maraviglia vada di pari passo col diletto: nè potrà mai conseguire un tal fine chi si scosta dalla verisimiglianza e dalla imitazione della natura in cui consiste la perfezione di uno scrittore. Non ho mai veduto libro di cavalleria che non somigli ad una chimera o ad un mostro piuttostochè a proporzionata figura. Oltre a ciò duro n’è quasi sempre lo stile, incredibili le imprese, lascivi gli amori, malaccorte le cortesie, eterne le battaglie, sciocchi i ragionamenti, spropositati i viaggi; tutto in somma è alieno da ogni