Pagina:Don Chisciotte (Gamba-Ambrosoli) Vol.2.djvu/161

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capitolo xvii 151

tenerli e l’impedire la loro strada. — Vada vossignoria, rispose don Chisciotte, a custodire il suo starnotto piacevole e la sua donnoletta ardita, e lasci compiere ad ognuno l’officio suo: questo è il mio, ed a me si aspetta il conoscere se questi leoni vengano o non vengano contro di me„. Voltosi poscia al custode, gli disse: — Al corpo di..... don mascalzone, che se tu indugi ancora un momento ad aprire la gabbia io t’inchiodo sul carro con questa lancia„. Il carrettiere che vide la determinazione di quell’armata fantasima, disse impaurito: — Signor mio, mi permetta per atto di carità che io stacchi queste mule dal carro, e che mi metta con esse in salvo prima che si cavino fuora i leoni, perchè se me le sbranano io resto precipitato per tutta la vita mia, come colui che non ho altri capitali che questo carro e queste mule. — Ah uomo senza fede, rispose don Chisciotte, smonta, stacca, fa quello che tu vuoi; ben presto conoscerai che inutilmente resisteresti, e che avresti potuto risparmiare gl’inganni„. Smontò il carrettiere, staccò le mule in fretta, e disse ad alta voce: — Mi sieno testimonii quanti sono qua presenti che contro mia volontà, e costretto dalla forza, io apro le gabbie, e metto in libertà i leoni: protesto adesso che qualunque male e danno sarà fatto da queste bestie, andrà e correrà per conto di chi n’è causa, con la giunta del mio salario e di quanto fosse di ragione: signori, si pongano in salvo prima che io apra, chè quanto a me io sono certo di non patire alcuna offesa„.

Don Diego tornò allora a persuadere don Chisciotte che non facesse tanta pazzia, e ch’era un voler tentare Dio il commettere sì enorme bestialità; al che rispose ch’egli sapeva quello che si faceva. Replicava il primo, che guardasse bene che commetteva un fallo enorme. — Ora, signore, disse don Chisciotte, se vossignoria non vuole essere presente a questa che a suo parere sembra tragedia, sproni la sua cavalla, e si metta in salvo„. Anche Sancio tornò alle preghiere, e lo supplicò colle lagrime agli occhi che desistesse da un’impresa a paragone della quale erano bazzecole ed uno zucchero quelle dei mulini a vento, quella spaventosa delle gualchiere, e finalmente tutte le prodezze fatte nel corso della sua vita. — Osservi bene, mio signore, diceva Sancio, che qua non sono incanti, nè cosa che gli somigli, e che io ho veduto con questi occhi tra i legni e le fessure della gabbia un’ugna di leone vero, e da quella sola congetturo che quel leone ch’è padrone di quell’ugna, dovrà essere più grande di una montagna. — La paura te lo farà, rispose don Chisciotte, parer maggiore per lo meno di un mezzo mondo. Ritirati, Sancio, lasciami; e se qua morrò tu sai già quale sia la nostra antica convenzione: te n’andrai a Dulcinea, nè dico altro„.