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e con tale supposizione egli scrisse all’arcivescovo, supplicandolo con grande istanza e con molto bene accomodate parole che lo facesse trarre dalla miseria in cui viveva, poichè per la misericordia del Signore aveva ricuperato il senno: soggiugnendo che l’ingordigia dei parenti, i quali gli usurpavano gli averi suoi, era la sola cagione per cui lo teneano rinserrato, e voleasi che in onta al vero foss’egli trattato da pazzo infino alla morte. Persuaso l’arcivescovo dalle molte sue lettere prudenti e assennate, spedì un suo cappellano perchè s’informasse dal rettore della casa se vero fosse quanto il dottore scriveva, e venisse eziandio a ragionamento col pazzo, e lo rendesse pure alla libertà quando sembrato gli fosse da vero ritornato in buon cervello. L’ordine fu puntualmente eseguito dal cappellano, ed il rettore lo assicurò che pazzo tuttavia era quell’uomo; il quale, quantunque parlasse talvolta come persona di buon discernimento, pure non la finiva senza dare nei più madornali spropositi, ch’erano tanti e sì grandi da far cadere al confronto gli attimi della sua saggezza; della qual cosa avrebbe egli potuto far prova passando col pazzo ad un colloquio. Volle in fatti il cappellano porsi a discorso col pazzo per più di un’ora, nel corso della quale non gli uscì di bocca parola meno che ragionevole; anzi si espresse con sì grande antivedimento che il cappellano trovossi obbligato a tenere il pazzo per uomo ricondotto alla sana ragione. Tra le altre cose dette una si fu che il rettore lo guardava bieco per non perdere i regali che gli faceano i parenti suoi sollecitandolo a disseminare la voce ch’egli era pazzo benchè avesse dei lucidi intervalli; che il maggior nemico che avesse nella sua disgrazia si era la pingue sua facoltà; che gli voleano male per solo fine di usurpargliela; e avvalorando l’inganno, rendevano dubbiosa la grazia fattagli da Dio Signore di restituirlo al pristino stato di sana mente. In fine parlava egli in maniera che faceva sospettare del rettore, dell’avidità e barbarie dei parenti; e appariva sì saggio che il cappellano si determinò di menarlo seco, affinchè l’arcivescovo lo vedesse, e toccasse con mano la verità del fatto. Con questa persuasione il cappellano indusse il rettore a consegnare al dottore i vestiti coi quali era entrato nello spedale. Il rettore disse al cappellano che tenesse gli occhi aperti perchè il dottore senza dubbio veruno era ancora pazzo. A nulla servirono gli avvertimenti, e convenne obbedire, poichè l’arcivescovo così comandava. Si restituirono al dottore i suoi abiti ch’erano nuovi e decenti; ed egli come si vide vestito da uomo sciolto da ogni apparenza di pazzia, supplicò il cappellano che per atto di carità gli desse permissione di andare a pigliar commiato dai