Pagina:Don Chisciotte (Gamba-Ambrosoli) Vol.2.djvu/609

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capitolo lxvii 599

zierei allora alla fama di savio, e mi contenterei di quella di grazioso; e Sancetta, mia figliuola, porterebbe da mangiare al gregge: ma attenti bene, chè Sancetta è belluccia, e vi hanno pastori più maliziosi che semplici, nè vorrei che andasse per lana, e tornasse tosata: chè nelle campagne come nelle città ci si pecca; e levata la causa, si leva il peccato; e occhio che non vede, cuore non crede; ed è meglio essere uccello di campagna, che di gabbia. — Basta, basta, non più proverbii, o Sancio, disse don Chisciotte, chè qualsivoglia di quelli che hai detto, è bastante per esprimere il tuo pensiero. Ti ho consigliato le tante volte a non voler essere sì prodigo di strambotti, ma e’ mi pare di aver predicato al deserto, o come diceva quella buona donna: Forbice, forbice. — Mi sembra, rispose Sancio, che vossignoria sia come quello che si suole dire, che la padella ha detto al paiuolo: Fatti in là, chè tu mi tingi; ella mi sta correggendo perchè mi astenga dal dire proverbii, e intanto vossignoria li va infilzando a due per due. — Considera, o Sancio, rispose don Chisciotte, che io fo uso dei proverbi a proposito, e calzano a pennello quando io li dico; ma tu li strascichi tanto, ch’escono fuori di tempo e non in via naturale. Mi ricordo di averti detto altra volta che i proverbii sono sentenze brevi, cavate dalla sperienza e dalle speculazioni dei nostri antichi saggi, e che il proverbio ch’esce senza occasione, è piuttosto sproposito che sentenza. Ma di ciò non si parli più: e giacché si avvicina la sera, appartiamoci alquanto dalla strada maestra, e cerchiamo dove passare la notte; chè dimani Dio sa quello che sarà.„

Si ritirarono, cenarono tardi e male, e ognuno pensi che ciò seguiva contro la intenzione di Sancio, il quale si ricordava tutte le angustie della errante cavalleria incontrate nelle selve e nei monti, che però vedeva talvolta temperate coll’abbondanza trovata nei castelli e nelle abitazioni sì di don Diego di Miranda, come nelle nozze del ricco Camaccio ed in casa di don Antonio Moreno. Considerando non essere possibile che sia sempre di giorno, nè sempre di notte, si addormentò finalmente, lasciando in piena veglia il padrone.