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e gli disse: — Se io potessi, o Sancio, trattare le armi, e non fossi sì legata nelle braccia dalla mia fede, io valuterei meno di una zero le nuove diavolerie che ci minacciano: ma potrebbe anche essere che fosse altra cosa differente da quella che noi temiamo.„ Giunsero in quell’istante due di quei a cavallo, e inalberando le lance, senza dir parola circondarono don Chisciotte, e gliele appuntarono alle spalle ed al petto, minacciando di volerlo ammazzare. Uno di quelli a piedi si avvicinò un dito alla bocca in segno che ciascuno dovesse osservare il silenzio, pigliò Ronzinante per la briglia, e lo tirò fuori di strada; gli altri a piedi cacciaronsi dinanzi Sancio e il leardo, e serbando ognuno alto e costante silenzio, seguitò i passi di colui che menava don Chisciotte, il quale due o tre volte tentò di chiedere dove lo conducessero o quello che da lui si pretendesse. Ma cominciava egli appena a movere le labbra, e tosto erano pronte a chiuderle i ferri delle lance; e lo stesso avveniva a Sancio subito che faceva mostra di voler parlare: ed uno di quei pedoni punzecchiava con un pungolo lui e il leardo ancora, come se anche questo desse intenzione di voler parlare. Venne la notte, accelerarono il passo, crebbe la paura nei due prigioni, e più ancora quando udirono (che di tanto in tanto dicevasi loro: — Camminate, trogloditi; tacete, barbari; pagate, antropofaghi; non vi lagnate, sciti; non aprite gli occhi, Polifemi ammazzatori, leoni divoratori;„ ed altri nomi simili a questi coi quali tormentavano l’udito dei miserabili padrone e servitore. Andava Sancio fra sè dicendo: — A noi tortoliti? a noi barbieri, a noi troppo fango! Eh non mi piacciono per niente questi titoli; tira un cattivo vento a quest’aia: tutto il male viene in una volta come al cane le bastonate, e volesse Dio che fossero almeno le ultime tra tante nostre sventurate venture.„ Don Chisciotte marciava come uomo mezzo fuori di sè, e senza cogliere nel segno, per quanti ragionamenti facesse a fine di conoscere la causa che l’esponeva a tanti oltraggi, dai quali in sostanza veniva a conchiudere ch’ei non poteva sperar nulla di bene. Pervennero quasi ad un’ora di notte in un castello, che fu conosciuto da don Chisciotte per quello del duca, da dove non era molto che aveva fatto partenza. — Mi aiuti il cielo! diss’egli come l’ebbe meglio riconosciuto: che sarà mai? Non è questa la casa della cortesia e della buona creanza? Ma per i vinti il bene si converte in male e il male in peggio.„ Entrarono nell’andito principale del castello, e lo videro preparato e disposto in maniera che si accrebbe in loro la maraviglia, e si raddoppiò la paura, come si vedrà nel capitolo seguente.