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136 i marmi - parte prima


anch’egli distribuirvi sei palate di calcina o tramutare un acquaio, rimurare un uscio; e in breve tempo la casa non avrebbe ricevuto molti patroni che la sarebbe un’altra. Sí che pochi si contentano delle fabriche che trovano. Dopo me, gettinla per terra, che me ne curo poco; pur che io mi contenti vivendo, basta.

Nanni. Quelle camerine sí piccole che a pena vi può stare un letto, una tavola e due forzieri, non saranno giá lodate; e poi fare una sala che pare una piazza!

Betto. Le camere son fatte per dormire e non per passeggiare o banchettarvi dentro né per ballarvi; però le son d’avanzo. La sala sta ben cosí, perché vi si riduce tutta la casa a un tratto dentro: le donne si stanno a piedi delle finestre, sí per veder lume a lavorare con l’ago le cose sottili e i ricami, si per potere esser comode a farsi alla finestra; alla tavola in testa si mangia, a quella da lato si gioca; alcuni passeggiano, altri si stanno al fuoco; e cosí v’è luogo per tutti: e, per abbreviarla, io vo’ cosí; io spendo e io mi compiaccio. Se poi voi avete paura del dire: — Egli è modello di Nanni Unghero — lasciate stare. Ancóra quando io feci l’orto e che io fabricai una loggia sí lunga e sí larga e vi feci far solamente quattro picciole stanze, una per dormire, una per cucinare, una per tener le cose e l’altra per 11cavallo e famiglio, voi la biasimavi: poi mi dite, e tutti lo confermano, che non è il piú bel modo di fabricare né piú necessario. Sotto quella loggia vi sta mezzo Firenze a darsi piacere.

Nanni. Non gettate almanco via tanto terreno in fare strade nel giardino sí larghe e sí ben mattonate.

Betto. Voi séte piú ostinato che Dattero Giudeo. Che volete che io vadia a spasso per Fiorenza a dar di ceffo in questo e quello? Fuggir asini, scansar cavalli, anasare e calpestar... presso che io no ’l dissi. Se io ho campo, luogo e danari da farlo, perché non debbo contentarmi? Se le non fossero cosí, pochi ci verrebbono, dove ci si riduce ogni bell’intelletto; e la mia diligenza fa che, la state, non v’è polvere né sole e, l’invernata, netta di fango.