Pagina:Doni, Anton Francesco – I marmi, Vol. I, 1928 – BEIC 1814190.djvu/155

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ragionamento settimo 149


Vinegia che vengano dall’academia e apiccano spesso spesso ragionamento con i nostri. Ma lasciamo andare questo per ora: udite la cagione che mi riterrebbe a non dar fuori nulla.

Gottifredi. Questa è la giuggiola! Toccatemi cotesto tasto e mi farete ridere, s’imboccate appunto.

Silvio. Io voglio lasciar da parte il travaglio dei meccanici scrittori che traducono per cavare della lor pedanteria qualche soldo e son forzati a far le traduzioni a lor dispetto, per forza, se non vogliano morire in una prigione o mendicare il pane con «poeta, quae pars est?» (dico, se ne sanno tanto però della grammatica che baste), e a tradurre ancóra per parer d’esser vivi, non sapendo di lor fantasia comporre alcuna cosa.

Lollio. Il tradurre è cosa buona e utile.

Silvio. Vedete se l’è buona, che fanno l’epistole dedicatorie per utile; e io, dato che i cieli m’avessin fatto gran maestro, non avrei dato un pane a un traduttore per tradurre, e a uno che avessi composto opere derivate dalla dottrina sua e dallo ingegno, sí, e bene e buona somma gli avrei donato. Ma questo rappezzar libri e dire: — Io gli ho messa una toppa — o — sbellettato un certo che, accozzato vocaboli, fatto un catalogo di diverse bagaglie rubate da questo autore, e tolto in presto da quell’altro scartabello — alla fé, alla fé che non avrebbono avuto da me un soldo traditore.

Gottifredi. E, per dio Bacco, che ci sono assai della vostra fantasia oggi, ma meglio di fatti, che non danno nulla a’ traduttori e, peggio, né anche donano ai proprii autori dell’opere; perché alle traduzioni v’è pure una certa scusa di dire: costui non ci ha di suo nulla, il libro è composizione d’altri; costui non ha fatto altro che trascriverlo; costui è goffo, costui è pedante; va alle forche — e simile cose — va, mendica il pane a insegnare grammatica — eccetera. Or seguitate.

Silvio. Credo che non sien piccoli i travagli che sopportano i componitori, primamente, né pochi, anzi senza numero; e ne dirò alcuni. Il primo è lambiccarsi la memoria a trovar l’invenzione, stillarsi il cervello a studiar la materia e affaticarsi a scriverla: questa mi pare una fatica intollerabile: chi manca