Pagina:Doni, Anton Francesco – I marmi, Vol. I, 1928 – BEIC 1814190.djvu/193

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ragionamento della stampa 187


manifeste, ruffianesmi e colmare il libro delle piú disoneste e sporche parole che si possin dire; e poi questi mostri e sconciature di natura son alzati, dove doverebbono esser sepulti. Io mi rido che si son fatti una faccia invetriata e non si vergognano d’essere per eretici fatti badalucchi al popolo a onta e biasimo del secol nostro cristiano.

Crivello. Perché non è cosí concesso agli uomini del nostro tempo scrivere nella lingua che favelliamo cose lascive e disoneste, come fu lecito a Virgilio, Ovidio e Marziale scrivere nella latina, giá che disse Cicerone che ogni cosa sporca si poteva comodamente esprimere in ogni idioma con parole oneste?

Coccio. Voi mi vorreste uscire per le maglie rotte, ma e’ non vi verrá fatto. Non dobbiamo far paragone della licenzia e dell’abuso degli antichi con la modestia e con la continenza dei giorni nostri: a loro che non avevano lume alcuno della fede né conoscevano Iddio pareva che fosse lecito e concesso ogni cosa scrivere almeno, perché le leggi severamente punivano chi male operava; a noi ai quali s’è manifestata la veritá e la luce di Cristo non sta bene né si conviene che viviamo nelle lascivie e nelle disonestá, le quali parevano anco vergognose ai gentili, perché, se ben le scritture loro erano laide e infami, se ne scusavano però che la vita loro non era conforme agli scritti:

Lasciva est nobis pagina, vita proba est.

Ma i nostri scrittori si vantano e di menar vita dissoluta e di sapere insegnare i motti arguti e le sentenze (per esser dottori di legge) con favole disoneste, parte da loro trovate e parte ricolte da’ lor pari cattivi. Ma se tutto il mondo il dicesse, e’ non piace giá ad alcuno veder sí sporche cose a stampa che dicon mal di Cristo, del pontefice, della chieresia, de’ particolari nominati e degli universali mostrati a dito.

Crivello. Voi tirate ben di mira.

Coccio. Parlo per ver dire, non per odio d’altrui né per disprezzo.