Pagina:Doni, Anton Francesco – I marmi, Vol. I, 1928 – BEIC 1814190.djvu/194

Da Wikisource.
188 i marmi - parte seconda


Lollio. Non è da credere che il Coccio sia mosso d’altra passione che da pura caritá, a riprendere i vizii; e certo che in ciò molto modestamente egli favella.

Coccio. Vi ringrazio della buona opinione la quale di me avete.

Crivello. Non è egli lecito, per conto d’esercizio, scrivere ancóra cose lascive?

Coccio. Senza pensarci troppo, io direi risolutamente di no: ad uomo di buona vita ed esemplare mancano forse i modi onorevoli e onesti per i quali gloriosamente possiamo esercitare gli ingegni e inviarsi a cose grandi? Gli antichi che inalzarono e onorarono soggetti bassissimi e vilissimi, n’hanno posto l’esempio inanzi con le lodi della mosca, del calvizio e della quartana, e i moderni uomini virtuosi e gentili con tanti begli e arguti capitoli quanti si veggono raccolti e stampati.

Lollio. I moderni hanno forse passati i termini, alcuni, dico.

Coccio. Imparisi dal Lollio, che fece sí bella littera ad esaltazione della villa e dell’agricoltura.

Lollio. Io non merito loco fra le persone d’altezza; parmi assai esser numerato fra quei poveri uomini che vanno raccogliendo alcune spighe che rimangono dietro alle spalle de’ mietitori.

Coccio. Troppo umilmente, messer Alberto; e giá il mondo, c’ha gustato dei dolci frutti del bello ingegno vostro, s’ha concétto altra speranza del valore e della virtú che è in voi. Ma non piú di questo, acciò che io non paia volervi lodare in presenzia.

Crivello. Messer Francesco, molto ci avete ragionato che la stampa fa agli intelletti; e io per me parte v’ho creduto parte attribuito alla facondia vostra, che pure ci avete voluta mostrare in soggetto sí basso.

Coccio. Io non mi conosco tal Cicerone mai in cose si fatte che mi persuada di mettervi, a voi e altri, in cuore di persuadere il falso, maggiormente essendo voi tali che agevolmente sapete discernere tra il vero e il verisimile; e quello che