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ragionamento primo | 17 |
Ghetto. E se colui percotessi punto, se ne versa pure alquanta.
Carafulla. Cotesto è bene la cagione che piove, perché, nel girar la terra, si spande l’acqua, quando la percuote, e si sente ancor il romor della percossa, quel che noi diciamo il tuono; ma la volta è tanto grande che noi non ce ne possiamo avvedere. Quando uno naviga, perché credi tu che egli recia? Non per altro sé non che allora egli è con i piedi in aere ed è forza che getti fuori; onde, infino che uno non è assuefatto, sempre teme lo stare co’ piedi in aere.
Ghetto. Adunque il sole sta sempre fermo, la luna e le stelle, e noi, girando, ritorniamo in quel luogo medesimo?
Carafulla. Messer sí. Il mare, quando cresce e quando scema, non va per altro in su e giú se non per quel dimenarsi che fa la terra in qua e lá, che manda l’acqua ora da un canto e ora da l’altro.
Ghetto. Ora ti credo io, perché i terremuoti son detti, secondo la tua timologia, terra mossa, id est moto che fa la terra: adunque la terra si muove?
Carafulla. Messer sí, la terra gira. Perché credi tu, Ghetto, che i filosofi abbin detto che noi siamo un arbore a rovescio? Non per altro se non perché la maggior parte del tempo noi stiamo a capo di sotto. Non si vede egli che, stando fermo fermo a seder talvolta, egli ci viene un duol di capo per il girare che la fa talvolta piú forte che ’l solito, e chi non ha buon capo sta fresco? I bambini, che non si ferman mai, e i fanciulli, mentre che crescano, è, perché non sono ancóra assuefatti a stare in piedi sopra questa palla della terra.
Ghetto. Dicon bene, i libri della spera, che l’è tonda tonda; e poi l’ho veduta in quei cerchi di scatola che fanno quei giri, quando maestro Nicolò medico del Castellacelo drieto alle case nuove diceva: — Questo è il giamitt, questo è reubarbico, ritropico, abitabilis, inabibilitabilibus . —
Carafulla. Vedi, adunque, che io non ti dico bugie.
Ghetto. Ma egli girava i cerchi e non la palla.
Carafulla. Be’, Ghetto, e’ fanno come i maestri di scrimia: