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230 i marmi - parte seconda


Matteo Sofferroni e Soldo maniscalco.

Matteo. Ancóra io leggo qualche cosa: se bene attendo alle faccende di Mercato nuovo, non resta per questo che la sera io non dispensi duo ore a lèggere; e ho preso certe lezioni che, se durasse la mia vita mille anni, avrò sempre in una medesima materia che lèggere.

Soldo. Di che vi dilettate voi? di romanzi, di traduzioni spagnole, delle cose del Boccaccio, delle istorie o delle rime o altre piacevol cose?

Matteo. Le istorie son la mia vita e ho un piacer grande di sapere le cose passate; e s’io non avesse tanto che fare, a combattere con le faccende di casa e quelle di fuori, che io potesse straziare o, per meglio dire, dispensare un poco di tempo piú, io vorrei fare una fatica intorno a tutte le istorie.

Soldo. Come sarebbe a dir? che? racconciarle, correggerle e tassarle?

Matteo. Non pèsco in cotesti pelaghi; mancano uomini a far tali effetti!; anzi quando ne ho di quelle che non sono state tócche o rappezzate, l’ho piú care. Ma udite che animo è il mio, e forse lo farò ancóra: io volevo fare le Concordanze delle istorie, ciò è segnare tutti i medesimi casi accaduti, cosí antichi come moderni; tutti i signori tiranni che son stati amazzati a un modo, mettergli in un foglio; tutti coloro che si sono fatti per forza principi; e allegare dove, in qual libro e le parole formate che dice lo istoriografo.

Soldo. Un certo libro, chiamato Officina Tessitore, credo che sia una cosa simile, secondo che dice il maestro di Piero, che mette chi è morto di morte subitana, chi ha rotto il collo da cavallo, chi s’è inamorato, e cosí tutti i casi l’un dopo l’altro.