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244 i marmi - parte seconda


Barone. Direi che costui è un uomo da bene e crederei di vederne vendetta.

Vittorio. Che vendetta ne crederesti voi vedere?

Barone. «De malis acquisitis non gaudebis tertius heres», la prima cosa.

Vittorio. Poi?

Barone. Il vitupèro che egli voleva fare ad altri, che ne cadesse sopra di lui altretanto.

Vittorio. Sta bene: ècci egli altro?

Barone. E che tutte le cose secrete che egli facesse, si rivelassero, secondo che egli era mancato di fede della parola secreta all’amico.

Vittorio. Agnolo, Barone è per la buona strada.

Agnolo. Ma voi che vendetta fareste a simile amico finto, doppio, falso, bugiardo, traditore, insolente, dappoco, ignorante e tristo? come vendicativo, e, non come cristiano, ma come uomo trasportato dall’ira dell’insolente amico e dal primo impeto della furia umana?

Vittorio. Non sono cosí furioso per rispondervi a parte per parte, perché io veggo che voi volete sapere tutto il mio cuore. La prima cosa, io considererei il benifizio ch’io ho avuto da lui e tèrrei la bilancia: s’io trovassi che delle dieci parte del male egli me n’avesse fatto una di bene, farei né su né giú; chi ha avuto si tenga.

Barone. Voi v’arrecate molto basso; fate ch’io v’abbia per particularitá ad intendere.

Vittorio. Credo che sappiate come io mi diletto di compor comedie.

Agnolo. Bene sta.

Vittorio. Mettiamo che io avessi per amico qualche dottore, fosse come si volesse, o un par di messer Carlo Lenzoni, che è uomo di giudizio, messer Giovan Norchiati o un altro che io avesse opinione che sapesse piú di me se ben non fosse cosí; ma acciò che meglio sappiate o intendiate, imaginatevi che io non facessi professione di componitore, ma di persona che scrivesse per passar tempo e non estimasse le mie cose piú